Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Joseph Kosuth, «Existential time #8», 2019

Image

Joseph Kosuth, «Existential time #8», 2019

La domanda di Kosuth pervade Napoli

Dopo le mostre da Sprüth Magers e Sean Kelly, il pioniere dell’Arte Concettuale torna a Napoli, da Lia Rumma, con una riflessione sul concetto di «tempo»

Cecilia Paccagnella

Leggi i suoi articoli

Per i suoi ottant’anni, Joseph Kosuth (Toledo, Usa, 1945) torna a riflettere sul concetto di «tempo», nei termini di un’indagine sul processo di produzione di significato nella sua pratica artistica. Perché, come scriveva Jorge Luis Borges: «Se lo spazio è infinito, siamo in qualsiasi punto dello spazio. Se il tempo è infinito, siamo in qualsiasi punto del tempo».

Dopo i festeggiamenti celebrati da Sprüth Magers a Londra e da Sean Kelly a New York, il pioniere dell’Arte Concettuale torna a Napoli, da Lia Rumma (dal 10 aprile al 28 giugno), confermando la solida e duratura collaborazione con la galleria che nel 1971 inaugurò proprio con la sua installazione «L’Ottava Investigazione (A.A.I.A.I.) proposizione 6»

«The Question», oltre ad essere il titolo della mostra, rimanda anche a un nuovo lavoro: un orologio a parete sul quale è riportata la scritta «Suppose no one asked a question, what would be the answer» («Se nessuno facesse una domanda, quale sarebbe la risposta», una frase del 1928 della scrittrice americana Gertrude Stein). In questo modo il tempo è suggerito sia letteralmente che figurativamente attraverso un rimando a un altro autore. L’orologio analogico (nell’installazione del 1971 ce n’erano ben 12), è protagonista anche in altri due lavori della serie «Existential Time» (2019), questa volta accompagnati da due citazioni di George Eliot e James Joyce riprodotte con il neon, in cui Kosuth sottolinea la mancanza, i limiti e la sovrabbondanza di significato che circonda l’esperienza del tempo e della vita, esplorando il presente, la sua potenza e il suo spazio circoscritto. 

Con «One and three Rakes» (1965), invece, ritorna alle «Proto-Investigazioni» degli anni 1965-66, l’iconica modalità secondo la quale l’artista accosta l’oggetto reale (in questo caso un rastrello), una fotografia e la definizione da dizionario dello stesso. «L’arte che chiamo concettuale è tale perché si basa su un'indagine sulla natura dell’arte, ha sottolineato più volte. Fondamentale per questa idea di arte è la comprensione della natura linguistica di tutte le proposte artistiche, siano esse passate o presenti, e indipendentemente dagli elementi utilizzati per la loro costruzione».

Cecilia Paccagnella, 08 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

La domanda di Kosuth pervade Napoli | Cecilia Paccagnella

La domanda di Kosuth pervade Napoli | Cecilia Paccagnella