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La giovane autrice palermitana alla Triennale mette in discussione il ruolo storico di questo medium come documento di verità
- Ada Masoero
- 08 febbraio 2023
- 00’minuti di lettura


«Empty Box» (2019), di Giulia Parlato
La ricerca di Parlato sulla fotografia
La giovane autrice palermitana alla Triennale mette in discussione il ruolo storico di questo medium come documento di verità
- Ada Masoero
- 08 febbraio 2023
- 00’minuti di lettura
Dal 10 febbraio al 26 marzo la Triennale presenta il progetto «Diachronicles» con cui Giulia Parlato (Palermo, 1993, vive tra Londra e la sua città) ha vinto il Premio Giovane Fotografia Italiana | Luigi Ghirri 2022, promosso dal Comune di Reggio Emilia con Triennale Milano e Gai.
Molte immagini esposte s’intitolano «Evidence», parola inglese con cui si indica la «prova» in campo forense: fotografie immerse in un tempo sospeso da cui emergono frammenti del passato che offrono molteplici spunti su cui riflettere per tentare di decifrarne il significato. Tocca all’osservatore ricomporre gli indizi, deliberatamente confusi, forniti dall’artista, mimando la ricerca condotta dagli studiosi (specialmente archeologi) per significare oggetti all’apparenza privi di significato.
Al centro del suo lavoro ci sono, spiegava Parlato in una recente intervista, «l’assenza di memoria e le problematiche di una ricostruzione, per così dire, oggettiva della storia». Il fantastico, al contrario, s’insinua dalle «crepe» lasciate volutamente aperte dall’artista, che non a caso s’impossessa talora di reperti tratti dai depositi dei musei, contraffatti o tanto frammentari da essere inconoscibili, e su essi costruisce una storia verosimile (ma non necessariamente vera).
La personale nella Triennale rende evidente la natura di questa ricerca, che investe gli statuti stessi del medium fotografico (oltre che dei musei e della storiografia) e mette in crisi il ruolo storico della fotografia come documento di verità.

«Empty Box» (2019), di Giulia Parlato