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Francesca Interlenghi
Leggi i suoi articoliFondazione Spazio Vitale riapre il 25 maggio, dopo i lavori di ampliamento della sede di via San Vitale 5 a Verona, inaugurando la collettiva «Per Speculum. Intelligence and its Double», a cura di Domenico Quaranta. La mostra indaga le inquietudini sollevate dall’Intelligenza Artificiale e si inserisce nel filone di ricerca della Fondazione, nata nell’ottobre 2023 da un’idea di Davide Bonamini e Davide Giarolo di Vtenext, con l’ambizione di stimolare una riflessione critica sulla relazione che lega umanesimo e tecnologia, restituendo un ruolo centrale al corpo e alle componenti emotive dell’intelletto umano.
Senza trascurare il fatto che tutti i sistemi artificiali sono un prodotto degli uomini, alimentati da dati umani e da programmatori umani, che recano con sé i loro preconcetti e pregiudizi, il progetto espositivo, visibile sino al 29 giugno, prova a guardare al futuro superando il manicheismo del bene o del male assoluti. E invita a considerare la rivoluzione digitale non tanto come spauracchio per l’umanità, ma piuttosto come specchio della stessa, in grado di rifletterne il volto.
«Il dibattito si è polarizzato, spiega Quaranta. Da un lato, le mostre si focalizzano sull’arte realizzata dall’intelligenza artificiale, celebrando la presunta creatività delle macchine. Dall’altro però, la discussione tende a concentrarsi sui pericoli più immediati, come la sparizione di certe attività umane, o sul cosiddetto rischio esistenziale, legato all’emergere di un’impossibile super intelligenza autocosciente. In tutto questo, persino parlare di intelligenza artificiale nei termini in cui lo siamo facendo non ha molto senso: l’intelligenza artificiale non è un soggetto singolare, ma il nome transitorio che diamo ad alcune tecnologie emergenti e che abbiamo dato ad altre ormai ben radicate nei nostri usi. In un quadro così nebuloso, a me interessa riflettere sul perché questo mito sia così forte, e sulla lunga sfida che l’umanità ha affrontato per costruire un doppio di sé stessa, cercando di conquistare un potere tradizionalmente attribuito a Dio: quello di conferire la vita, l’intelligenza e la coscienza alle proprie creazioni. Mi pare sia l’aspetto più stimolante del momento storico che viviamo».
La mostra, il cui titolo fa riferimento sia allo specchio della prima lettera di San Paolo ai Corinzi, sia a quello attraversato da Alice nel romanzo Attraverso lo specchio di Lewis Carroll (1871), raccoglie le opere di dieci artisti che si esprimono ciascuno con la propria pratica, diversificando forme, contenuti e modalità operative. Il duo francese Émilie Brout & Maxime Marion presenta un lavoro di fantascienza speculativa che immagina l’emotività e le ansie di un gruppo di intelligenze artificiali, che hanno raggiunto l’autocoscienza. La riflessione su un futuro post antropocentrico è condivisa, in declinazioni differenti, dalle sculture di Caroline Delieutraz, dal software interattivo di Kamilia Kard e dalle animazioni floreali di Anna Ridler. Si concentrano invece sul rapporto tra inconscio umano e tecnologico le opere di Lorem e Jon Rafman, a cui si aggiungono i video di Jonas Lund, Silvia Dal Dosso, Daniel Felstead & Jenn Leung e Sanela Jahić.

«Seed 267» (2024) di Caroline Delieutraz. Cortesia dell’artista e 22,48 m2, Parigi. Foto: Baptiste Guyon

«A Rose by Any Other Name» (2021) di Kamilia Kard. Cortesia dell’artista

Veduta dell’installazione «Circadian Nocturne» (2023) di Anna Ridler. Cortesia dell’artista

Veduta dell’installazione video «Distrust Everything (1 channel version) - Iteration #008» (2023) di Lorem. Cortesia dell’artista

Still dal video «The Future of Something» (2023) di Jonas Lund. Cortesia dell’artista

Still dal video «The Future Ahead Is Going To Be Weird AF (The Ultimate AI CoreCore Experience)» (2023-24) di Silvia Dal Dosso. Cortesia dell’artista e di Clusterduck

Still dal video «Literally No Place» (2023) di Daniel Felstead & Jenn Leung. Cortesia degli artisti e di Dis

Still dal video «No to AI, Yes to a Non-fascist Apparatus» (2023) di Sanela Jahić. Cortesia dell’artista e di Aksioma - Institute for Contemporary Art, Ljubljana