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Redazione GDA
Leggi i suoi articoliStessa città, sessantaquattro anni dopo. Conrad Marca-Relli torna per la prima volta in mostra a Roma, presso la Galleria Mattia De Luca, a quasi 65 anni dalla sua ultima apparizione alla Galleria La Tartaruga nel 1957. Nelle sale dello spazio romano in Piazza di Campitelli i capolavori degli anni Cinquanta e Sessanta del maestro italoamericano: sagome antropomorfe, atmosfere metafisiche, composizioni di sapore cubista e perfino oggetti plastici dall’impatto minimalista si snodano all’interno di un cammino che ripercorre la fase apicale della carriera dell’artista, in mostra fino al 4 dicembre.
Al secolo Corrado Marcarelli, nato a Boston da genitori italiani nel 1913, grande passione per il Rinascimento italiano maturata a New York nello studio dello scultore Onorio Ruotolo e attraverso le lezioni alla Cooper Uniondi Faust Azzaretti, Marca-Relli intercettò le necessità artistiche del secondo dopoguerra contribuendo alla fondazione dell’8th Street Club e alla realizzazione della mostra-cardine dell’Espressionismo astratto, la «9th Street Show».
Nelle sale della mostra capitolina le sue opere raccontano due decenni di inarrestabile maturazione: dai «Cityscape»messicani dei primissimi anni Cinquanta, nei quali l’artista si cimenta con un vocabolario cubista di atmosfera dechirichiana, alle sue prime «Seated Figure» del biennio ’53-’54, nelle quali porta a compimento la sua idea di pittura-collage, fino ad arrivare al subbuglio compositivo della fine del decennio, con le brulicanti «M-11-56» e «Death of Jackson Pollock», e agli oggetti plastici della fine del decennio Sessanta. Questi sono solo alcuni dei coerenti e variegati lavori provenienti dall’Archivio Marca-Relli di Parma.
Marca-Relli fu però anche vero e proprio connettivo dei due continenti e delle rispettive capitali artistiche: New York da un lato, Roma dall’altro. Amico intimo di Alberto Burri, conosciuto nel 1952 proprio a Roma e con il quale si guardò vicendevolmente per molti anni (impossibile non leggere nelle opere del maestro di Boston l’influenza della tela abrasa e grezza), di Afro Basaldella, con il quale convisse per sei mesi a Oakland dopo esser stato suo vicino di casa ai Parioli, di Jackson Pollock, del quale smorzò la sregolatezza negli anni trascorsi a East Hampton, di Willem De Kooning e Philip Guston, con i quali condivise sempre la passione per la storia dell’arte rinascimentale ed europea; Marca-Relli fu vero «ponte» per le esperienze d’oltreoceano, nel tramandarle, connetterle, confrontarle e perfino generarle.
Dall’aspetto elegante come il tratto esotico che inserì nel suo cognome a inizio anni Cinquanta, Conrad Marca-Relli pagò a lungo l’assenza nello scatto di Nina Leen che consacrò gli Irascibles sulla rivista «Life»nel 1951, ma fu, piuttosto, un irascibile nella vita: temperamento sanguigno e burbero, non disdegnò mai il confronto con colleghi e amici, fino talvolta allo scontro, come avvenne con Toti Scialoja verso la fine del decennio Cinquanta.
Questa doppiezza che si riverbera costantemente nei fatti della sua vita è anche il motore della sua longeva (morì a Parma nel 2000 a 87 anni) attività artistica: brandelli di tela tagliati a rasoio e ridipinti con vernici e colle scure vengono disposti sul supporto con l’armonia tipica delle composizioni architettoniche del Quattro e Cinquecento italiano. Gestualità in azione che viene posta sotto il correttivo del Rinascimento.
La «somma di decostruzioni» che l’artista ci offre, per parafrasare la perfetta definizione di David Anfam, è quanto di più flagrante possa esprimere un artista a cavallo di due mondi, che a lungo si sono guardati e scambiati protagonisti della storia dell’arte, di cui sicuramente Conrad Marca-Relli è stato pioniere e interprete magistrale.

Conrad Marca-Relli nel suo studio a Long Island-East Hampton nel 1954