Camilla Alberti, «La porta blu»

Foto: Gianluca Di Ioia

Image

Camilla Alberti, «La porta blu»

Foto: Gianluca Di Ioia

L’arte cura le ferite della storia di Milano

In Triennale Milano dieci artisti riflettono su altrettanti traumi che hanno sconvolto la città dalla metà dell’Ottocento all’inizio del XXI secolo

Dieci traumi nella storia di Milano degli ultimi 170 anni, dalla metà dell’Ottocento all’inizio del nostro secolo. E dieci artisti (Camilla AlbertiFrancesco Arena, Stefano ArientiRuth BerahaValentina FurianMarcello Maloberti con Fortunato Zinni, superstite della strage di Piazza Fontana, Liliana MoroDiego PerronePaola PiviLuca Vitone) chiamati da Spazio Taverna, lo studio fondato da Ludovico Pratesi e Marco Bassan, a riflettere, in altrettanti lavori su carta, su questi «squarci» nella storia della città che hanno aperto ferite collettive nella comunità.

La mostra «Le ferite di Milano. Come l’arte può ricucire la storia», presentata da Triennale Milano fino al 30 marzo (ingresso gratuito), parte dall’esecuzione del patriota Amatore Sciesa, fucilato nel 1851 dagli Austriaci dopo un processo sommario e, restando nel XIX secolo, segue la scia di sangue che conduce ai «Moti di Milano» nel 1898, quando il generale Bava Beccaris diede ordine all’esercito di sparare sulla popolazione in rivolta per l’aumento del prezzo del pane, uccidendo oltre 80 persone. Due le «ferite» della Milano d’anteguerra: la strage del 1921 nel lussuoso teatro Kursaal Diana, causata da una bomba degli anarchici, e l’attentato dinamitardo a Vittorio Emanuele III durante l’inaugurazione della IX Fiera Campionaria, che massacrò decine di persone nella folla. Nei terribili «anni di piombo» si susseguirono la strage di piazza Fontana, nel 1969, attentato terroristico compiuto nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, attribuito inizialmente agli anarchici e in seguito a elementi dell’estrema destra vicini a Ordine Nuovo, e l’omicidio del commissario Luigi Calabresi (1972) per mano di esponenti di Lotta Continua, tragica conseguenza della strage di piazza Fontana, poiché il commissario era accusato da una parte dell’opinione pubblica (ma fu poi completamente scagionato dalla giustizia) di aver causato la morte di Giuseppe Pinelli, l’anarchico che, sospettato di esserne l’autore, precipitò dalla finestra della Questura mentre era trattenuto in stato di fermo. E, nel 1980, l’assassinio del giornalista del «Corriere della Sera» Walter Tobagi per mano di un gruppo di terroristi dell’estrema sinistra. Più vicini a noi, negli anni Novanta, gli scandali di Tangentopoli (1992) e la strage mafiosa di via Palestro (1993), che uccise cinque persone e devastò il Pac-Padiglione d’arte contemporanea di Milano e, già nel nuovo secolo, il disastro aereo di Linate nel 2001, con i 118 morti causati dallo scontro in pista, nella nebbia, tra un piccolo aereo privato e un volo di linea della Scandinavian Airlines in decollo.

La domanda posta agli artisti che hanno risposto a questo appello è: «Può l’arte ricucire la storia?». La risposta, a giudicare dai loro lavori, è: «Sì, può farlo». Lo può fare rendendo omaggio, con il linguaggio trasfigurato che le è proprio, alle vittime e rammentando a noi tutti che la violenza e la brutalità umana, ma anche un caso feroce, come accadde a Linate, può spezzare fulmineamente la vita di ognuno.

Il progetto segue quello, analogo, sulle «Ferite di Roma», realizzato dagli stessi curatori nel 2023 con la partecipazione di Enzo Cucchi, Elisabetta Benassi, Luigi Ontani, Marco Tirelli, Silvia Giambrone, Pietro Ruffo, Rä di Martino, Lulù Nuti, Gabriele Silli e Giulio Bensasson.

Ada Masoero, 14 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

L’arte cura le ferite della storia di Milano | Ada Masoero

L’arte cura le ferite della storia di Milano | Ada Masoero