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Nello spazio torinese di Tucci Russo la mostra dell’artista piemontese è una narrazione in cui l’elemento umano e quello naturale acquistano un’estetica comune
- Olga Gambari
- 12 aprile 2023
- 00’minuti di lettura


«Avvolgere la terra», di Giuseppe Penone. Foto: Archivio Tucci Russo
L’arte universale di Penone
Nello spazio torinese di Tucci Russo la mostra dell’artista piemontese è una narrazione in cui l’elemento umano e quello naturale acquistano un’estetica comune
- Olga Gambari
- 12 aprile 2023
- 00’minuti di lettura
Olga Gambari
Leggi i suoi articoliUna leggera pressione del dito su una foglia di acacia. Un’impronta rossa, che rivela una trama arabescata, il segno di un contatto primario, di un’appartenenza che inizia dal tatto, dalla pelle. Questo piccolo gesto diventa una vibrazione nella personale di Giuseppe Penone, «Impronte foglie parole», nello spazio torinese di Tucci Russo: si propaga per il resto delle sale, delle opere, come atto fondante, come il Dna che percorre e tiene la ricerca e le pratiche di questo artista, tra i più importanti e amati nel panorama internazionale sin dal suo debutto alla fine degli anni Sessanta.
Penone si concentra sull’ascolto della Natura, di cui il suo essere fa parte, in una relazione di amorosi sensi con tutti gli altri suoi elementi, le piante prima di tutto, l’albero come figura totemica. Riconosce e si riconosce, un senso profondo e radicale che lo porta a mescolare elementi naturali tipici dell’arte povera e un atteggiamento e una sensibilità affine alla land art.
Penone sprofonda nella Natura, si fa corpo naturale. La mostra è un viaggio di impronte che giocano a disfare e addensare visioni e percezioni, a creare dialoghi osmotici anche con la poesia, come nelle pitture a olio dedicate ai Canti di Leopardi, a Fervor de Buenos Aires di Borges e a Die Metamorphose der Pflanzen di Goethe.
Fogliami dai colori diversi, realizzati con i polpastrelli, che esprimono sinestesie con liriche a cui Penone «dà pelle e respiro», di cui coglie il concetto di impronta d’artista, così simile a quella del poeta. «Entrambe creano un paesaggio di impronte, pensieri, parole impresse sulla superficie del mondo», scrive.
È una relazione di specchi, di tracce vitali che disegnano, dipingono, scolpiscono. Un racconto visivo e sentimentale, dove umano e vegetale sono inscindibili, come nella scultura in bronzo che nella corteccia racchiude il segno delle mani che lo hanno plasmato, come nei disegni su carta della serie «Foglie». È l’identità dell’individuo che mescola, fonde la sua unicità con altre trame e impronte, con pelli cosmiche, traiettorie dove natura e divino coincidono. La mostra si conclude il 20 maggio.

«Avvolgere la terra», di Giuseppe Penone. Foto: Archivio Tucci Russo