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Nazanin Pouyandeh, «Marina à trois têtes»

© Templon

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Nazanin Pouyandeh, «Marina à trois têtes»

© Templon

Le donne libere di Pouyandeh

L’artista iraniana presenta per la prima volta in Belgio le sue figure femminili, i cui volti sembrano scolpiti dal pennello alle soglie dell’iperrealismo

«La pittura è l’atto supremo, un atto di libertà totale e gioiosa», secondo Nazanin Pouyandeh. Per lei infatti dipingere è espressione di piacere e di emancipazione

L’artista iraniana, classe 1981, esiliata nella regione di Parigi da quando aveva 18 anni, militante per la causa delle donne iraniane, è già molto affermata in Francia (l’ultima mostra si è svolta al Musée Paul Valéry di Sète fino allo scorso mese di marzo). La personale che le dedica ora la galleria Templon, dal titolo «Nazanin Pouyandeh. Sous l’étoffe du monde», nella sua sede del quartiere Saint-Gilles a Bruxelles, è la prima in Belgio (dal 23 aprile al 7 giugno). Qua è allestita una serie recente di una quindicina di tele, realizzate tra il 2024 e il 2025. 

Pouyandeh predilige le figure femminili, dai volti quasi scolpiti, dipinte con un iperrealismo inquietante. Nelle sue opere i colori sono forti, le tonalità calde, terrose, che accentuano il realismo delle figure, la luminosità intensa. Il colore non è solo un elemento estetico, ma acquista una dimensione emotiva e narrativa. In questa serie, l’artista mette in scena donne libere, padrone del proprio corpo, tanto tra le rovine di una città anonima che nell’atmosfera ovattata di un salotto dell’alta società: «Simboli inaspettati sono accostati l’uno all’altro, scrive Templon in una nota, da icone religiose e maschere africane a lame di pugnale affilate, teschi umani e libri d’arte aperti. Tra i tessuti e i tappeti, si rivela un mondo ricco di significati». Tutta l’opera di Nazanin Pouyandeh risente della violenza della repressione del regime iraniano e dell’esperienza dell’esilio.

Suo padre, l’intellettuale Mohammed Jafar Pouyandeh, fu assassinato nel 1998 dai servizi segreti del regime per le sue convinzioni liberali. Pochi mesi dopo, Nazanin Pouyandeh raggiunse Parigi per studiare all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts, integrando lo studio dell’artista olandese Pat Andrea. Nella sua ricerca le influenze sono molteplici e si intrecciano tra la tradizione delle miniature persiane, caratterizzate dall’estrema attenzione per il dettaglio e la dimensione simbolica attribuita al volto umano, il Surrealismo europeo, le tele di Bonnard e Matisse, e le celebri stampe erotiche giapponesi Shunga. Il risultato è un’opera dalla potenza visiva e dall’intensità emotiva, una sorta di ponte tra l’arte figurativa tradizionale e il linguaggio contemporaneo. L’artista, che è intervenuta sulla stampa francese per denunciare l’oppressione delle donne iraniane dopo la morte di Mahsa Amini, uccisa nel 2022 per un velo indossato male, che scatenò mesi di proteste e di repressione, si interroga sulla rappresentazione della donna, dell’erotismo e della violenza. «La mostra traccia un affascinante parallelo tra libido e creazione, scrivono ancora dalla galleria, evocando la pittura come atto di realizzazione e quindi di resistenza. Accompagna lo spettatore in un viaggio onirico e sensoriale, una riflessione impegnata sui meccanismi di sopravvivenza e resistenza in questi tempi incerti».

Luana De Micco, 18 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Le donne libere di Pouyandeh | Luana De Micco

Le donne libere di Pouyandeh | Luana De Micco