La glittica è al centro della mostra «Antichità sotto la lente d’ingrandimento», nelle Antikensammlungen und Glyptothek, che fino al 12 gennaio per la prima volta presenta riuniti circa 180 pezzi da tre collezioni private (Bernhard Fischer; Kai Scheuermann e Wolfgang Skoluda), che spaziano dal III millennio a.C. al V secolo d.C. L’arte di incidere pietre preziose, semipreziose e dure, si sviluppò nell’Oriente persiano e passò ben presto al Mediterraneo, fiorendo inizialmente nella regione egea in epoca minoica. Dapprima solo sigilli, queste opere divennero ben presto ornamenti e amuleti e soprattutto status symbol, raggiungendo l’apice nel periodo greco classico ed ellenistico, ma continuando costanti, per richiesta e produzione, durante l’età imperiale romana fino alla tarda antichità: una sorta di evergreen della gioielleria antica e tardoantica al punto che le prime collezioni di glittica si formarono già a partire dagli anni del Basso Impero.
L’occasione della mostra è data dalla contemporanea pubblicazione del catalogo dell’intera collezione museale (Die antiken und nachantiken Gemmen und Kameen der Sammlung Helmut Hansmann, Staatliche Antikensammlungen München, Monaco 2024), in cui l’archeologa ed esperta di glittica Carina Weiß presenta le 702 pietre incise della collezione Helmut Hansmann donata al museo nel 1997 e che annovera sigilli egizi, gemme achemenidi, greche, etrusche, italiche, romane e sasanidi fino a esemplari post antichi, dal XVI al XX secolo. La gamma dei decori è ampia: da divinità, eroi e uomini ad animali e piante ed esseri mitici, mentre i supporti sono monili in metalli preziosi (anelli, collane, bracciali) e oggetti d’uso corrente come vasi o mobilio, nonché armi e perfino strumenti di lavoro.