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Jonathan Llense, «View (with wind), Le Locle», 2024 (particolare)

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Jonathan Llense, «View (with wind), Le Locle», 2024 (particolare)

Le sculture fotografiche dell’assurdo di Jonathan Llense

Al Mbal-Musée des Beaux Arts Le Locle l’artista francese trasforma la cittadina svizzera in un’opera d’arte ricca di ironia

Fino al 14 settembre, il Mbal-Musée des Beaux Arts Le Locle accoglie la mostra «Jonathan Llense-Par le biais». Situata in Svizzera, nel cantone Neuchâtel, e circondata dalle Alpi, Le Locle è una piccola città che, attraverso l’obiettivo di Llense, si trasforma in un parco giochi in cui sculture assurde e irriverenti sfidano i confini del razionale.

Llense (Lille, 1984, basato a Parigi) è principalmente conosciuto per le sue collaborazioni con numerose riviste e marchi di moda. Molto più interessanti, però, sono i suoi progetti personali, in cui gioca senza inibizioni con l’apparecchio fotografico per creare degli universi alternativi, in cui combina il suo senso dell’umorismo con un’ossessione da collezionista. Come Duchamp con il suo urinale eletto a opera d’arte («Fontana», 1917), anche Llense si concentra su soggetti all’apparenza banali, che trasforma ed eleva a sculture fotografiche, a poesie simboliche in cui la comicità nasconde un pensiero ricercato. Le sue composizioni, sulle quali spesso interviene direttamente prima dello scatto o in post-produzione per costruire degli effetti al limite della fisica, invitano in un primo momento a una risata spensierata. La sfida implicita all’ordine stabilito, alle leggi della gravità, crea però una complessità che, in un secondo tempo, induce a riflettere sulla realtà e a sforzarsi di guardare oltre alle apparenze.

Jonathan Llense, «Clementine (with statue), Le Locle», 2024

Jonathan Llense, «JMW», 2022

«Guidato da un’intuizione iniziale, gioco con l’ambiente circostante componendo e ricomponendo gli elementi a disposizione, trascurando le relazioni spazio-temporali per creare una percezione nuova e scherzosa, racconta Llense. Mantengo uno sguardo divertito sulle cose che mi circondano, sulle scene quotidiane e rivelo il potenziale per la sperimentazione ludica che offrono». 

Curata dal ricercatore cileno Sergio Valenzuela Escobedo, «Par le biais» include una selezione degli archivi di Llense, a cui si aggiunge un progetto inedito commissionato dal museo, «Llense à Llocle», in cui la storia di Llense diventa la fonte di ispirazione per creare un ritratto della città, assecondando lo stile e approccio unico del fotografo francese. Il risultato sono statue su cui crescono mandarini, bottiglie incastrate tra gli alberi, giraventi come monumenti cittadini, e fiori che crescono da un paio di gambe. L’acqua gioca un ruolo particolare nella mostra, con la messa in scena di 28 «fontane», un omaggio alla storia della città, il cui nome deriva da un’antica versione della parola lago. Anche la collezione permanente del museo diventa parte di questa realtà alternativa in cui i busti in mostra al museo diventano nuove sculture, assumendo significati inediti. 

La varietà dei soggetti non rende però la selezione meno coerente: il tema comune è quello dell’assurdo, dell’equilibrio instabile tra realtà e confusione. Anche esteticamente, le immagini sono vicine, facilmente riconducibili a Llense per il formato verticale, per l’uso frequente del flash, che congela il soggetto e lo separa dal paesaggio nello sfondo, per le composizioni estremamente teatrali.

Jonathan Llense, «Untitled, Profane», 2019

Anna Aglietta, 15 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Le sculture fotografiche dell’assurdo di Jonathan Llense | Anna Aglietta

Le sculture fotografiche dell’assurdo di Jonathan Llense | Anna Aglietta