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Diciotto lavori che disorientano e stordiscono nella prima monografica in Europa del cinquantenne artista argentino
- Ada Masoero
- 21 aprile 2023
- 00’minuti di lettura


«Changing rooms» (2008) di Leandro Erlich. © Kioku Keizo, Mori Art Museum. Cortesia della Galleria Continua
Leandro Erlich: un’ansia che affascina
Diciotto lavori che disorientano e stordiscono nella prima monografica in Europa del cinquantenne artista argentino
- Ada Masoero
- 21 aprile 2023
- 00’minuti di lettura
Persone che volteggiano sulla facciata di un palazzo, sfidando ogni legge della fisica (l’opera s’intitola «Bâtiment» e, sì, c’è il trucco e c’è l’inganno, ma l’effetto è spiazzante); classi scolastiche i cui studenti diventano spettri evanescenti («Classroom»); specchi che «sbagliano», riflettendo ciò che non hanno di fronte («Hairsalon»). Leandro Erlich (Buenos Aires, 1973, artista già di fama globale) arriva a Palazzo Reale dal 22 aprile al 4 ottobre, nella sua prima monografica in Europa (prodotta dallo stesso Palazzo Reale con Arthemisia, catalogo Toluca), curata da Francesco Stocchi.
Sono 18 i lavori che trovano posto qui (alcuni, giunti dalla Galleria Continua, che lo rappresenta in Italia), pronti a disorientare, spaesare, stordire i visitatori, da sempre parte attiva delle sue opere. Quelli che Erlich ci presenta sono luoghi del quotidiano, trasfigurati con interventi sui meccanismi della percezione per smentire le nostre attese, disorientarci, instillare dubbi e generare uno stato d’ansia in chi li osserva.
Tanto più ciò accade nei sempre più numerosi interventi pubblici, per effetto del radicale sovvertimento delle consuetudini percettive: come reagire di fronte alla piccola casa («House pulled by the roots», 2015) divelta dalle fondamenta, che qui sono però radici arboree, e sospesa con un’immensa gru su una piazza di Karlsruhe?
«Intendo l’arte come un mezzo per coltivare nuovi approcci alla comprensione del mondo fisico, mentale, politico, simbolico», dice. Per visitare una sua mostra occorre perciò spogliarsi dell’idea consolidata di reale e affidarsi a uno sguardo «vergine», per puntare, come esplicita lui stesso, «verso nuove realtà», come hanno fatto i 600mila visitatori della sua recente mostra a Tokyo.

«Changing rooms» (2008) di Leandro Erlich. © Kioku Keizo, Mori Art Museum. Cortesia della Galleria Continua