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Federico Florian
Leggi i suoi articoliDal 21 novembre al 19 marzo si apre al MoMA di New York la più grande e completa retrospettiva americana di Francis Picabia (Parigi, 1879-1953) prodotta in collaborazione con la Kunsthaus Zürich. Un maestro dell’avanguardia europea, la cui pratica multiforme include sperimentazioni in molteplici linguaggi stilistici, dall’Impressionismo all’astrazione più radicale, dal Dadaismo all’Informale, dal classicismo al realismo fotografico. Anne Umland e Talia Kwartlet, curatori della mostra insieme a Cathérine Hug, ci raccontano qualcosa in più.
Perché dedicare una mostra a questa eccentrica figura dell’avanguardia europea in un museo americano?
Picabia è uno dei più significativi artisti del XX secolo. È stata una figura incredibilmente influente nell’arco della sua vita, e la sua arte è stata un punto di riferimento per moltissime generazioni di artisti. Tuttavia, la pratica di Picabia resta ancora poco studiata e conosciuta, soprattutto fuori dalla Francia. Questa mostra è la prima completa retrospettiva della sua opera negli Stati Uniti. L’ultima a lui dedicata fu al Solomon R. Guggenheim Museum nel 1970: una mostra parziale, che ometteva del tutto nuclei di opere quali i dipinti del periodo bellico, i cui soggetti sono tratti da fotografie di giornali pornografici softcore, e i tardi quasi-monocromi noti come «Points». Tuttora il lavoro di Picabia è largamente sconosciuto al pubblico americano, nonostante la sua opera resti fondamentale per gli artisti contemporanei.
Da dove è tratto il sottotitolo della mostra, «Le nostre teste sono rotonde cosicché i nostri pensieri possono cambiare direzione»?
È una citazione da La Pomme de Pins, una pubblicazione di due fogli prodotta in occasione del Congresso di Parigi di Breton del 1922: «Notre tête est ronde pour permettre à la pensée de changer de direction». Il sottotitolo consente di presentare Picabia al pubblico con le sue stesse parole, evidenziando la centralità della scrittura nella sua arte. La citazione, inoltre, allude al reinventarsi senza sosta della sua pratica creativa e rivela, allo stesso tempo, l’approccio non lineare dell’artista in termini di stile e contenuto.
Com’è strutturata la mostra?
La retrospettiva assembla una selezione di opere chiave e serie di lavori dalla prima decade del XX secolo fino ai primi anni Cinquanta, il tutto organizzato in raggruppamenti cronologici. La mostra comprende 125 dipinti, oltre a circa 45 lavori principali su carta, un film e una selezione di grafica. Tra le opere più significative, un nucleo di dipinti impressionisti che segnarono il successo di Picabia a Parigi; poi tele astratte monumentali, molte delle quali vennero esposte all’Armory Show del 1913 qui a New York, presentando Picabia per la prima volta al pubblico newyorkese. Ci sono dipinti semi-erotici e meccanomorfici, come «Je revois en souvenir ma chère Udnie» (1914) e «Parade amoureuse» (1917), oltre a capolavori iconoclasti di stampo dadaista, tra cui «Tableau Rastadada» (1920) e «L’Œil Cacodylate» (1921) e a una serie di «Espagnoles» e alle astrazioni meccaniche, come quelle esposte alle Galeries Dalmau a Barcellona nel 1922. E ancora, i collage e i dipinti di «mostri» della metà degli anni Venti; le «trasparenze» del 1927-33; una selezione di ritratti, paesaggi e astrazioni dei tardi anni Trenta; un gruppo di nudi di pin-up del 1940-43, i cui soggetti sono tratti da illustrazioni di romanzi trash e magazine di basso livello. La mostra si conclude con una serie di astrazioni realizzate nel dopoguerra, tra cui i «Dot» e i «Point Painting», monocromi incrostati di uno spesso strato di ridipintura. Inoltre sono presenti alcune inquietanti opere tarde, create dopo l’ictus che colpì l’artista nel 1951.