Con la mostra «Guido Guidi. Col tempo, 1956-2024», dal 13 dicembre al 20 aprile 2025, a cura di Simona Antonacci, Pippo Ciorra e Antonello Frongia, il MaXXI omaggia la carriera di uno dei grandi maestri della fotografia italiana, Guido Guidi (Cesena, 1941). È una delle rassegne più complete relative alla produzione dell’autore che ha rivoluzionato il concetto di rappresentazione del paesaggio nella nostra fotografia. L’antologica su Guido Guidi appare come un ritorno a casa che permette di conoscere l’artista dagli esordi. Il percorso della mostra si snoda, infatti, secondo una linea temporale che mette in evidenza le tematiche che progressivamente Guidi ha affrontato durante la sua carriera: partendo proprio dai suoi inizi come pittore (in mostra anche alcuni suoi dipinti a tempera dell’età giovanile), fino alle fotografie sperimentali in bianco e nero degli anni Sessanta e Settanta, e poi ancora l’incursione del colore e del grande formato nelle sue visioni rivoluzionarie sul paesaggio. Seguono le committenze degli anni Ottanta e Novanta e, infine, i lavori più attuali. La mostra è arricchita da numerosi materiali d’archivio, come le fotografie dei prototipi di oggetti che un giovane Guidi realizzava seguendo quel pensiero plastico e industriale che avrebbe poi portato alla sua visione fotografica. Con più di 400 fotografie esposte, quasi tutte vintage e alcune inedite, l’esposizione rivela il processo evolutivo di un fotografo che ha preso in mano la sua prima macchina fotografica a quindici anni, regalata da uno zio, e che poi ha costruito un suo pensiero visivo partendo dalle ore di disegno al liceo, dal suo interesse per l’Informale, l’Action Painting e l’architettura di Carlo Scarpa, per arrivare infine alla sua costante ricerca sul guardare, su un modo nuovo di intendere il paesaggio «con uno sguardo innocente sul mondo», scardinando le convenzioni e le sovrastrutture del tempo. La mostra prende la forma anche di una metariflessione sul concetto di archivio, un concetto fondamentale per l’opera di Guidi, che in un’intervista al riguardo disse: «Tramite l’uso del suo archivio, il fotografo diventa spettatore di sé stesso e del processo del suo pensiero. Tutto il mio archivio ha la stessa dignità e rappresenta il mio pensiero nel suo farsi».
E così, forse, il farsi di questa mostra ha reso noi spettatori di fronte alle fotografie di Guidi, ma anche Guidi stesso, che in continuo movimento di ricerca e di riflessione, accumula le sue immagini fatte di pensiero nel suo archivio «mobile». «Antonioni era solito dire che quando si diventa vecchi ci si allontana dalle cose, per me, invece, quando si è giovani si applica una prospettiva grandangolare per abbracciare più mondo possibile, mentre da anziani ci si accontenta di toccare un sasso», afferma Guidi. Infatti, facendo caso attentamente al movimento che lo sguardo di Guidi compie nel tempo, nei decenni della sua carriera, si riscontra proprio il progressivo avvicinarsi del suo guardare sulle cose della vita. Assistere a questo passaggio apre il cuore, come tornare a casa. Accompagna la mostra un catalogo edito da Mack.