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Dettaglio di «La Russia Sovietica», 1981, di De Maria

Courtesy Tornabuoni Art

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Dettaglio di «La Russia Sovietica», 1981, di De Maria

Courtesy Tornabuoni Art

L’onda italiana che ha reinventato l’immagine

Da Tornabuoni una selezione sulle direzioni dell’arte italiana tra gli anni Settanta e Ottanta, attraverso le opere di otto maestri che hanno ridefinito linguaggi e pratiche espressive

Tornabuoni Arte Roma presenta, dal 10 giugno al 24 settembre, la mostra «Italian Wave», un’indagine a più voci sulla stagione più vibrante e multidisciplinare dell’arte italiana del secondo Novecento. Curata in dialogo ideale con la storica collettiva del 1980 a New York voluta da Francesca Alinovi, l’esposizione riunisce otto protagonisti che hanno ridefinito l’identità espressiva dell’arte tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta: Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria, Aldo Mondino, Luigi Ontani, Mimmo Paladino e Mario Schifano. Riprendendo l’intuizione della Alinovi, che parlava di una «condizione di convivenza libera e reciprocamente gratificante di tutti mezzi materiali possibili», il percorso mette in scena una nuova energia, un’onda appunto, che si afferma in reazione all’estetica minimale, poverista e concettuale allora dominante. Gli artisti coinvolti tornano alla pittura e ai linguaggi tradizionali, mosaico, stampa, tessitura, reinterpretandoli attraverso il gesto, il simbolo, l’ibridazione col mito e il quotidiano.

 

 

Nicola De Maria, «La Russia Sovietica», 1981. Courtesy Tornabuoni Arte

Il percorso espositivo si apre con Luigi Ontani, figura liminare e visionaria, autore del video «Ombrofago» (2008) e interprete di un universo barocco e meta-narrativo, dove mito e maschera si fondono in immagini ambigue e seducenti. La sua estetica dell’identità come metamorfosi e travestimento rimane una delle tracce più radicali di questa stagione. Mario Schifano rappresenta il ponte tra gli anni Sessanta e la nuova figurazione: pittore pop, ma anche regista, fotografo, performer. Le sue opere in mostra dialogano con la colonna sonora Le Stelle di Mario Schifano, restituendo l’idea di un’opera d’arte totale, sinestetica, aperta. È sua, nel 1967, la prima performance multimediale italiana al Piper Club. Aldo Mondino rompe ogni etichetta. Le sue opere giocano con l’ironia e con il concetto di pastiche postmoderno, mescolando riferimenti alti e popolari, sacri e profani: da «Arlecchino storico» a «Calpestare le uova», Mondino anticipa un’idea di arte come terreno di contaminazione e leggerezza colta. In questa pluralità di linguaggi si inserisce la pittura cosmica di Nicola De Maria («La Russia Sovietica», 1981), che visualizza la tensione tra astrazione e spiritualità, mentre Sandro Chia propone un «Bestiario» poetico e visivo che rivela, dietro l’apparente gioco, un’indagine antropologica sull’umano. Francesco Clemente e Mimmo Paladino, tra simbolismo arcaico e media contemporanei, mettono in scena l’incontro tra carta, bronzo, pane, tela e mito. Paladino, con «Porta d’oriente» (1989), evoca un’arte che è rito e silenzio, mentre «Meaningless stone» (1990) di Clemente parla il linguaggio dell’ambiguità, della frammentazione, della spiritualità secolare. A completare l’esposizione, una selezione di libri d’artista e edizioni della storica Litografia Bulla di Roma, tra cui «Prisca» di Cucchi, che amplia ulteriormente l’orizzonte multidisciplinare dell’evento, confermando l’importanza del libro come spazio di sperimentazione. «Chi può ormai decidere per tutti che cosa, nel nostro universo poliestetico, è mai arte?» si chiedeva Francesca Alinovi nel 1980.
Italian Wave raccoglie e rilancia questa domanda, offrendo una mappa di traiettorie divergenti che, nel loro insieme, hanno definito una delle stagioni più libere e fertili dell’arte italiana.

Margherita Panaciciu, 06 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

L’onda italiana che ha reinventato l’immagine | Margherita Panaciciu

L’onda italiana che ha reinventato l’immagine | Margherita Panaciciu