L’opera di Louise Bourgeois (Parigi, 1911-New York, 2010), tra le più riconosciute artiste in ambito internazionale, è al centro di una felice congiuntura espositiva che coinvolge tre città italiane e cinque diverse sedi. Unica galleria ad affiancare prestigiosi spazi pubblici (Museo del Novecento e Museo degli Innocenti a Firenze; Galleria Borghese e Villa Medici a Roma), lo Studio Trisorio ospita dal 25 giugno sino al 31 ottobre la personale «Rare Language», presentando quattro sculture, realizzate dall’artista tra il 1985 e il 2005, e trentacinque disegni, prodotti tra il 1947 e il 2008.
Louise Bourgeois, che ha esposto a Napoli nel 2008 in occasione della prima retrospettiva in Italia al Museo di Capodimonte («Maman», 1999, il grande ragno, si ergeva maestosa nel cortile centrale del museo), è alla sua seconda personale nello spazio partenopeo che nel 2017 realizzò la mostra «Voyages Without a Destination» (sculture, gouache, acquerelli, molti dei quali inediti). Nello stesso anno, con la cura di Sylvain Bellenger e Laura Trisorio, Bourgeois fu nuovamente protagonista al Museo di Capodimonte, nell’ambito del progetto «Incontri sensibili», in occasione del quale fu presentata per la prima volta in Italia la scultura «Femme couteau» (2002), collocata accanto al seicentesco dipinto «Martirio di Sant’Agata» di Francesco Guarino per stabilire inaspettate corrispondenze.
L’artista francese, che si era trasferita a New York nel 1938 e che vanta una carriera lunga otto decenni, dagli anni Trenta fino al 2010 ha indagato questioni come la memoria e l’amore, la sessualità e l’abbandono, sviluppando una poetica che si nutre di temi che hanno profonde radici nella dimensione affettiva e relazionale familiare. «Tutti i miei lavori, tutti i miei soggetti trovano ispirazione dalla mia infanzia», dichiarava l’artista, i cui disegni appaiono vibrazioni emozionali che le consentono di esprimere profondi e travagliati stati d’animo. Pur evocando il proprio vissuto, Bourgeois ha realizzato opere che trasformano l’esperienza emotiva biografica e individuale in catarsi collettiva, di cui individuava forme e archetipi. «La mia scultura mi permette di rivivere la paura, di darle una fisicità e di essere in grado di affrontarla. La paura diventa una realtà gestibile. La scultura mi permette di rivivere il passato, di vedere il passato nella sua proporzione oggettiva e realistica… Per me la scultura è il corpo. Il mio corpo è la mia scultura», diceva ancora.