Uno still dal film «Pantelleria» (2022) dei Masbedo

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Uno still dal film «Pantelleria» (2022) dei Masbedo

Manifesta catalana è decentralizzata e rivendicativa

Un centinaio di artisti (4 italiani), di cui il 46% donne, 12 città coinvolte e 16 sedi espositive per l’edizione più ampia e articolata della biennale nomade

Dopo due anni di preparazione, Manifesta celebra la sua 15ma edizione a Barcellona dall’8 settembre al 24 di novembre. «È la più grande Manifesta che abbiamo mai organizzato ed è la prima decentralizzata, che si celebra in 12 città della cintura barcellonese con 16 sedi, riunite in tre cluster che sono allo stesso tempo tematici e geografici», spiega l’olandese Hedwig Fijen, direttrice e fondatrice della biennale nomade, ricordando che il modello di una Manifesta allargata sul territorio aveva mosso i primi passi nell’edizione di Palermo nel 2018. «Il sindaco Leoluca Orlando aveva incentrato l’evento sulla necessità di rivendicare lo spazio pubblico e strapparlo dalle mani della mafia», prosegue Fijen, che riceve «Il Giornale dell’Arte» nel suo ufficio dell’ex casa editrice Gustavo Gili di Barcellona, uno dei migliori esempi di architettura razionalista catalana degli anni ’50, opera di Joaquim Gili e Francesc Bassó, membri del celebre Gruppo R, un movimento nato come reazione all’architettura ufficiale del regime franchista. «L’architettura è uno dei nodi centrali della proposta che esamina l’evoluzione urbana della città negli ultimi quarant’anni da diverse prospettive, non solo artistiche ma anche socio-ecologiche, per affrontare temi urgenti e spinosi come il cambiamento climatico, i problemi legati all’acqua e le narrazioni alternative», continua la direttrice, invitando a seguire i percorsi guidati che conducono attraverso spazi iconici dell’architettura e della storia catalane. «Per Manifesta è importante lasciare un’impronta del suo passaggio nelle città che la ospitano, e per questo abbiamo lottato per aprire al pubblico luoghi che finora non erano mai stati usati per eventi artistici, dimostrando il potere delle arti per stimolare e catalizzare le trasformazioni sociali», sottolinea Fijen. 

Tra questi spiccano la già menzionata casa editrice che, oltre ad accogliere gli uffici di Manifesta, si trasforma nell’epicentro del programma della biennale. Altri edifici riscattati per l’arte sono le Tre Ciminiere (Tres Chimeneas) di Sant Adrià de BesÓs, una centrale termica costruita negli anni ’70 in disuso dal 2011, e Casa Gomis a El Prat de Llobregat, un altro esempio paradigmatico dei principi razionalisti, situata in un ambito naturale privilegiato, minacciato dai politici che vogliono costruire un terzo aeroporto in una zona simbolo del dialogo tra l’espansione industriale e la conservazione dell’ambiente naturale, tema centrale della sezione battezzata «Equilibrando conflitti». Altre sedi significative sono il complesso vescovile di Ègara, che riunisce tre chiese simbolo dei processi storici, ecclesiastici e culturali del V e VI secolo, e il Monastero di Sant Cugat del Vallés, che accoglie le iniziative della sezione «Cuidar y cuidarnos», una frase che si potrebbe interpretare come «prendiamoci cura del mondo e di noi stessi». 

Hedwig Fijen. © Chris van Houts

Per quanto riguarda i partecipanti di Manifesta, il 55% presenta opere inedite o progetti riadattati per l’evento. «Come esempio dell’impegno di Manifesta nella promozione del tessuto artistico che ci accoglie, il 39% dei partecipanti sono locali e dieci artisti catalani hanno realizzato progetti di nuova produzione», dichiara Fijen, rispondendo a una delle polemiche suscitate dalla manifestazione. Infatti diversi artisti locali, così come festival e manifestazioni radicati nel territorio, hanno criticato sia la gestione dei fondi pubblici che sono stati assegnati a Manifesta (circa 9 milioni), sia i criteri di selezione. Critiche che non sembrano preoccupare la direttrice, abituata da tempo a gestire le complicate relazioni con l’ecosistema delle città ospiti. «Anche se siamo un’entità privata, tutta la nostra gestione è pubblica e trasparente, chiunque può consultarla attraverso il web. Grazie a Manifesta, poco meno di 2 milioni di euro sono stati stanziati per la ristrutturazione delle Tre Ciminiere e 16 istituzioni riceveranno 40mila euro extra per accogliere le nostre attività. Il 99% delle persone impiegate nella biennale sono catalane e prevediamo di ricevere circa 200mila visitatori, con evidenti vantaggi per le località implicate», spiega Fijen, sottolineando che Manifesta va dove viene invitata, senza imporre la sua presenza. Per quanto riguarda le polemiche rispetto alle scelte curatoriali, Fijen ribatte: «Non abbiamo scelto un curatore star che ha selezionato gli artisti seguendo il suo gusto e senza conoscere il territorio, ma abbiamo lavorato con un’équipe ampia, trasversale e multidisciplinare». 

Gli artisti italiani sono quattro: Bea Bonafini (Bonn, 1990), attraverso la pittura, gli arazzi, la ceramica e il disegno, approfondisce l’intersezione tra l’umanità e altre forme di esistenza. Interessata alla rinascita delle mitologie interculturali e alle loro configurazioni contemporanee, Bonafini presenta un lavoro nuovo, fortemente influenzato dall’archeologia, che dialoga con la spiritualità del Monastero di Sant Cugat. L’artista di famiglia senegalese Binta Diaw (Milano, 1995) presenta un’opera riadattata per l’occasione, che mescola elementi geografici, storici e culturali. È un’installazione monumentale, realizzata con lunghe trecce di capelli sintetici, carica di riferimenti simbolici che riflettono la sua ideologia politica ed esplorano temi globali e storici, come il colonialismo, la diaspora, la migrazione e il panafricanismo. Anche Chiara Camoni (Piacenza, 1974) espone sculture aggiornate per l’evento, come i vasi dalle delicate forme zoomorfe che comparano la metamorfosi della farfalla con il processo creativo o i cani di alluminio che sembrano fatti apposta per proteggere Casa Gomis dall’assalto dei fautori dell’aeroporto. Infine, il duo di videoartisti Masbedo, formato da Nicolò Massazza (1973) e Iacopo Bedogni (1970), presenta «Pantelleria», un film che ripercorre il bombardamento dell’isola tra il 9 maggio e il 10 giugno del 1943, e analizza le implicazioni contemporanee di un episodio accaduto all’ombra della storia ufficiale, che permette di esplorare la tensione tra la verità e la sua distorsione ideologica. 

Roberta Bosco, 05 settembre 2024 | © Riproduzione riservata

Manifesta catalana è decentralizzata e rivendicativa | Roberta Bosco

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