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Con le due mostre «Con Nuova e Stravagante Maniera. Giulio Romano a Mantova» e «Giulio Romano: Arte e Desiderio», presentate rispettivamente da Palazzo Ducale e da Palazzo Te (dal 6 ottobre al 6 gennaio), Mantova torna a essere, per tre mesi, «la città di Giulio Romano», come lo fu per oltre vent’anni tra il 1524, quando l’artista accettò l’invito di Federico II Gonzaga e vi giunse da Roma, e il 1546, quando a Mantova morì. Il suo vero nome era Giulio Pippi, era nato a Roma, non si sa se nel 1492 o nel 1499, ed era presto diventato l’allievo e collaboratore più dotato (e prediletto) di Raffaello, tanto da riceverne l’eredità artistica al momento della morte prematura.
Artista poliedrico e dotato di un’inventiva inarrestabile, pittore e, più ancora, disegnatore prodigioso, architetto geniale, scenografo, «designer» (progettò per i Gonzaga argenterie, arazzi e suppellettili preziose), Giulio Romano fece di Mantova una vera officina di sperimentazione artistica, e diede il via a quella che Vasari avrebbe definito la «nuova e stravagante maniera», oggi al centro della mostra di Palazzo Ducale (catalogo Skira).
Qui, grazie alla collaborazione con il Louvre, che ha prestato ben 72 fogli, e all’apporto di altri 40 disegni giunti da musei altrettanto prestigiosi, si rilegge l’intero percorso dell’artista, mettendo a confronto, ogni volta che sia possibile, i disegni con le opere finite.
Tre le sezioni di questa mostra, curata da un comitato formato da Peter Assmann (direttore di Palazzo Ducale), Laura Angelucci, Paolo Bertelli, Renato Berzaghi, Paolo Carpeggiani, Sylvia Ferino, Augusto Morari, Roberta Serra e Luisa Onesta Tamassia: nel Castello di San Giorgio va in scena la prima, «Il segno di Giulio» (in architettura, pittura, arti decorative) dagli ultimi anni romani all’impegno nei numerosi cantieri della corte dei Gonzaga.
La Corte Nuova e l’Appartamento di Troia ospitano la sezione «Al modo di Giulio», in cui si mettono a confronto i disegni progettuali e gli interventi che Giulio realizzò in quelle stanze, mentre quelli perduti sono documentati dai rilievi compiuti da Ippolito Andreasi detto l’Andreasino.
Infine, nell’appartamento della Rustica (progettata proprio da Giulio), trova posto la sezione «Alla maniera di Giulio», dove si rilegge la sua eredità, raccolta da discepoli come Fermo Ghisoni, Giovanni Battista Bertani, Lorenzo Costa e altri, con un approfondimento sulle case del maestro e sulla produzione sacra dei seguaci, messa a confronto con i disegni di sua mano.
In Palazzo Te, capolavoro architettonico e pittorico di Giulio e luogo degli svaghi di Federico II Gonzaga (e dell’amore con Isabella Boschetti), la mostra «Giulio Romano: Arte e Desiderio», curata da Barbara Furlotti, Guido Rebecchini e Linda Wolk-Simon e promossa da Fondazione Palazzo Te e Comune di Mantova con Electa (suo anche il catalogo), esplora la relazione tra immagini erotiche del mondo classico e analoghe invenzioni della prima metà del ’500.
Giunti da una ventina dei maggiori musei del mondo, i disegni, dipinti, sculture, incisioni, maioliche e arazzi esposti qui svelano la capillare diffusione in Italia, in quel giro d’anni, dei temi erotico-amorosi, entrando in risonanza con le storie dipinte nelle sale.
Così, nella Sala delle Metamorfosi ci s’imbatte negli amori di Bacco e Arianna, nella Loggia di Davide alla passione di re David per Betsabea e nella sala di Amore e Psiche si partecipa ai tormenti amorosi della coppia. Aperta da un’antica «Venere» di marmo appartenuta a Giulio Romano, la mostra si articola in sei sezioni, dai lavori giovanili, nella bottega di Raffaello, a «I Modi» (le 16 stampe erotiche disegnate da Giulio e incise da Marcantonio Raimondi, con sonetti licenziosi di Pietro Aretino, distrutte per ordine del papa ma poi citate da altri artisti), per proseguire con «Arte e Seduzione» e «Gli amori degli dèi», poi con il monumentale dipinto di Giulio Romano «Due amanti», dall’Ermitage, e infine con «Gli amori clandestini di Giove».
Ricostruzioni in 3D e postazioni di realtà virtuale completano le due mostre, accompagnate da un programma d’iniziative collaterali.

Una veduta degli affreschi della Sala dei GIganti a Palazzo Te a Mantova