«Aetas Aurea» (1886) di Medardo Rosso

Foto Mumok/Markus Wörgötter. Cortesia di Amedeo Porro Fine Arts Lugano/Londra

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«Aetas Aurea» (1886) di Medardo Rosso

Foto Mumok/Markus Wörgötter. Cortesia di Amedeo Porro Fine Arts Lugano/Londra

Medardo Rosso torna a Vienna dopo 120 anni

50 opere di quello che Guillaume Apollinaire aveva definito «il più grande scultore vivente» dialogano al Mumok con artisti coevi e successivi

Centovent’anni dopo la prima personale di Medardo Rosso al Kunstsalon Artaria di Vienna, nel 1905, il Mumok colma la lacuna espositiva austriaca dedicando, dal 19 ottobre al 23 febbraio, un’articolata retrospettiva all’artista nato a Torino nel 1858 e morto a Milano nel 1928. «Questa mostra era un mio desiderio da molto tempo, un progetto di ricerca per il quale sono in contatto con l’Archivio Medardo Rosso da un quinquennio, afferma la curatrice Heike Eipeldauer. Quella di Rosso è un’opera radicalmente antimonumentale, antinazionalista e profondamente sperimentale, tra XIX e XX secolo, che sonda i limiti tra scultura, fotografia, disegno e in un certo senso anche pittura, e indaga materiali e forme di presentazione. È un precursore d’interrogativi artistici tra XX e XXI secolo». 

Realizzata in stretta collaborazione con l’Archivio Medardo Rosso, col titolo «Medardo Rosso. Inventare la scultura moderna», la mostra percorre con una cinquantina di sculture, fotografie, collage e disegni tutte le fasi produttive di Rosso e crea un dialogo fra le sue opere e lavori di altri artisti, sia coevi, come il competitor Rodin, Edgar Degas, Raymond Duchamp-Villon, Georges Seurat, Modigliani o Käthe Kollwitz, sia con un nutrito gruppo di artisti successivi, fra cui Francis Bacon, Yayoi Kusama, Giovanni Anselmo, Luciano Fabro, Maria Lassnig, Sherrie Levine, Rebecca Warren. «In accordo con la strategia di Rosso di presentarsi sempre in dialogo con altri colleghi, ho scelto di creare una risonanza con opere di 50 artisti attivi in un arco di centocinquant’anni, per evidenziare ciò che secondo Phyllida Barlow, costituisce l’“allarmante vitalità” di Rosso», prosegue Eipeldauer. 

In mostra è così possibile operare raffronti rispetto all’influsso che Rosso ebbe sul mondo dell’arte: «Guillaume Apollinaire lo aveva definito “il più grande scultore vivente”, i futuristi hanno visto in lui un predecessore dell’idea di dinamismo, alla fine degli anni ’60, nelle proprie riflessioni teoriche Robert Morris lo ha indicato come artista di riferimento, rimarca la curatrice. Nell’approccio antieroico di Rosso, in cui materiale e processo di creazione predominano rispetto alla forma, e fondamentale risulta la relazione tra figura e contesto, un aspetto centrale è poi quello della ripetizione, della riproduzione, della variazione, che rimanda anche alla consapevole indefinitezza delle datazioni dei titoli e delle firme. Si tratta di una precoce forma di serialità, che tuttavia non è una progressione lineare verso un’opera finale “compiuta”, bensì, come ha osservato Max Kozloff, un mai definitivo, aperto “stato di possibilità”». 

Dopo Vienna, da marzo ad agosto 2025 la mostra sarà al Kunstmuseum Basel

Medardo Rosso nel suo studio a Boulevard des Batignolles, 1890. © Archivio Medardo Rosso

Flavia Foradini, 17 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Medardo Rosso torna a Vienna dopo 120 anni | Flavia Foradini

Medardo Rosso torna a Vienna dopo 120 anni | Flavia Foradini