«Adeloi Goacobe» (1988) di Melvin Edwards

Foto: Kyle Knodell. Cortesia fotografica di Pace Gallery; © l’artista. Cortesia dell’artista; Alexander Gray Associates, New York; Stephen Friedman Gallery, Londra

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«Adeloi Goacobe» (1988) di Melvin Edwards

Foto: Kyle Knodell. Cortesia fotografica di Pace Gallery; © l’artista. Cortesia dell’artista; Alexander Gray Associates, New York; Stephen Friedman Gallery, Londra

Melvin Edwards: «Scolpisco dunque protesto»

Al Fridericianum la prima retrospettiva in Germania del pioniere della scultura afroamericana contemporanea

Era ora che l’artista 87enne Melvin «Mel» Edwards (Houston, Texas, 1937), pioniere nella storia dell’arte e della scultura afroamericane contemporanee, facesse il suo debutto in Germania con una mostra interamente dedicatagli dopo le infinite partecipazioni internazionali a rassegne collettive di primo piano e le molte personali di alto livello in giro per i più importanti musei del mondo. A rendere giustizia alla fama dello scultore statunitense è, dal 31 agosto al 12 gennaio 2025, il Fridericianum di Kassel con la rassegna «Melvin Edwards: Some Bright Morning» curata insieme all’artista da Luise von Nobbe e Moritz Wesseler e resa possibile dal sostegno della Stiftung Stark für Gegenwartskunst di Monaco e della Hessische Kulturstiftung di Wiesbaden. 

Con riferimenti a questioni, pratiche e forme del Modernismo, Melvin Edwards lavora dai primi anni Sessanta a un’opera caratterizzata da grande indipendenza e rigore. Essa comprende opere murali in rilievo saldate col metallo, i cosiddetti «Lynch Fragments», ampie installazioni realizzate con il filo spinato, figure autoportanti in acciaio, sculture monumentali all’aperto e lavori grafici di varie forme e dimensioni. Sebbene le sue composizioni possano essere collocate nell’ambito dell’astrazione, esse evocano pensieri, sentimenti e immagini direttamente collegati al contesto storico degli Stati Uniti d’America, culla del movimento per i diritti civili degli anni Cinquanta e Sessanta e terreno di lotta per l’abolizione della segregazione razziale. 

I lavori di Edwards possono dunque essere letti come espressione di una consapevolezza socio-politica e culturale e di una protesta contro l’oppressione e la violenza che ancora oggi, nell’America attuale, non hanno perso la loro urgenza. Ricca di oltre 50 pezzi in prestito da importanti musei internazionali tra cui spiccano la Kunsthalle di Berna e il Palais de Tokyo di Parigi, la mostra non è solo la sua prima grande personale istituzionale in Germania ma anche in Europa, andando a inserirsi in una lunga serie di presentazioni dedicategli da tutti i più importanti musei extraeuropei soprattutto di scultura, dal Nasher Sculpture Center di Dallas (2015) al deCordova Sculpture Park and Museum a Lincoln (2022), passando per il Public Art Fund a New York (2021) e negli ultimi cinque anni da numerose importanti istituzioni sudamericane, soprattutto brasiliane, da San Paolo a Rio de Janeiro, da Salvador de Bahia a Brasilia.

«Senza titolo» (1974 ca) di Melvin Edwards. Foto: Jens Ziehe. © L’artista. Per gentile concessione della Galerie Buchholz; Alexander Gray Associates, New York

Francesca Petretto, 29 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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