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Pittore seducente ma, più ancora, autore di raffinatissime opere grafiche oltre che scrittore, Félix Vallotton (Losanna, 1865-Neuilly-sur-Seine, 1925) è celebrato nel centenario della morte da più istituzioni della Svizzera francese e tedesca e, in Canton Ticino, dal Museo Castello San Materno-Fondazione per la cultura Kurt e Barbara Alten di Ascona, ospitato nel maniero di fondazione longobarda che è diventato da qualche tempo un nuovo spazio museale ed espositivo della città ticinese affacciata sul Lago Maggiore.
Svizzero di nascita, a 17 anni Vallotton era già a Parigi, dove si formò all’Académie Julian, entrando presto a far parte dei Nabis (profeti), quel gruppo di artisti che nell’ultimo decennio dell’Ottocento, rifiutando il modello naturalistico ormai logoro dell’Impressionismo, per restituire la (loro) realtà puntavano su larghe e piatte campiture di colori del tutto innaturali ma intensamente espressivi, capaci di tradurre in vibrazioni cromatiche il loro mondo interiore. Insieme, quei giovani artisti costituivano una sorta di colta confraternita formata da pittori (Paul Gauguin, Paul Sérusier, Maurice Denis e altri), da letterati come Baudelaire e Mallarmé, e da musicisti.
Da quella pittura fatta di sintesi e di bidimensionalità, Vallotton non si sarebbe allontanato, conservando per l’intera vita, anche quando avrebbe conferito più volume ai suoi soggetti, un nitore di tratto e di forma che sembra porre i suoi lavori al di là di un vetro terso, in uno spazio silenzioso e separato. Lo dichiarava del resto lui stesso: «Per tutta la vita sono stato colui che da dietro una finestra osserva come si svolge la vita fuori, senza farne parte».
Per la mostra di Ascona (dall’11 maggio al 7 settembre) intitolata «Félix Vallotton. Un monumento alla bellezza», il curatore Harald Fiebig, con il sostegno della Fondazione Kurt e Barbara Alten, ha selezionato 55 opere tra dipinti, disegni e cicli grafici, molti provenienti da una gelosa collezione privata svizzera e perciò visti ben rararamente, altri dal Kunst Museum Winterthur. Il percorso, ordinato cronologicamente, segue le sue stagioni pittoriche a partire dagli anni ’80 dell’Ottocento quando, già con discreta fortuna, si dedicava a ritratti della borghesia. Poi, dopo la stagione Nabis (1893-1900), e fino al 1908, Vallotton si sarebbe dedicato soprattutto alla pittura di paesaggio e alle scene di vita urbana, per entrare in seguito in una maturità artistica alimentata dagli stimoli di numerosi viaggi, anche in Italia. La mostra riserva giustamente molta attenzione al suo corpus grafico, che tanto ha contato per le generazioni successive, ed espone le serie più famose, da quelle giapponesizzanti dedicate alle montagne, alle zincografie di «Paris intense» (1893-94), alle grafiche dedicate alla vita borghese, per le quali scelse la xilografia, con i suoi neri profondi e misteriosi. Esemplare il ciclo dai toni vagamente voyeuristici delle «Intimités» (1897-98), in cui raccontava i vizi privati e le pubbliche virtù della borghesia del tempo, cui seguirà, nell’ultimo tratto della sua vita, un ritorno alla pittura. Il catalogo bilingue, italiano e tedesco, è edito da Wienand Verlag.

Félix Vallotton, «Femme aux Coussins (Figura femminile sdraiata su cuscini)», 1897, collezione privata, Svizzera. Foto: Peter Schälchli