Situata di fronte lo storico Palazzo Vonwiller, la galleria Giacometti Old Master Paintings ospita fino al 28 febbraio la mostra «Morelli e Vonwiller» che, con la curatela scientifica di Luisa Martorelli, ritesse, attraverso una selezione di 40 disegni, acquerelli, dipinti e sculture, appartenuti alla collezione Vonwiller, una significativa vicenda dell’arte scaturita dal rapporto tra il maestro napoletano, Domenico Morelli, con il suo principale mecenate, l’imprenditore e collezionista Giovanni Vonwiller (1821-98), figura di primo piano nella vita culturale della Napoli del secondo quarto dell’800. Smembrata e venduta all’asta a Parigi nel 1901, tre anni dopo la morte del mecenate e poco prima della morte di Morelli, la collezione rappresenta «una delle pagine aperte più prestigiose del collezionismo privato di Napoli e dell’Italia in età moderna», afferma la curatrice.
Stabilitosi a Napoli a metà dell’Ottocento, infatti, Vonwiller cominciò a collezionare sotto la guida di Morelli e a esporre in una sede aperta al pubblico, la Galleria Vonwiller, «i dipinti, le sculture e gli arredi della Nazione sognata e appena nata, in un confronto nuovo con le tendenze figurative europee e cosmopolite», chiarisce Umberto Giacometti.
La mostra celebra il significativo ritorno a Napoli, grazie all’acquisto di Giacometti, del «Ritratto di Vonwiller», il noto dipinto che, realizzato da Morelli nel 1867, conserva la cornice originale realizzata dall’artigiano fiorentino Cheloni; e ripropone anche una selezione delle opere più celebri della sua collezione: «Del Morelli sono presenti “La Parisina”, “I Profughi di Aquileia”, “La caccia dei Saraceni da Salerno”, l’acquarello del “Bagno pompeiano” oltre a diversi disegni a china del maestro, come “Gli Iconoclasti”, “Le schiave del sultano che tornano dal bagno” (acquerello e disegno preparatorio), “Figure Orientali, Arabi e Odalische” che dialogano nel confronto con disegni e dipinti di Bernardo Celentano e degli allievi Edoardo Tofano, Paolo Vetri, Gustavo Nacciarone e Vincenzo Gemito. Una sala dedicata ai ritratti mette in evidenza una capziosa analisi introspettiva e psicologica dei protagonisti, segnando un processo evolutivo del genere-ritratto che lo vede acclamato a gran richiesta dal ceto medio emergente napoletano. In esposizione anche il bozzetto della storica raffigurazione “Cesare Borgia a Capua” (esposto alla celebre “Mostra Morelliana” del 1927) e la cera raffigurante il “Ritratto di Verdi” di Vincenzo Gemito, per un totale di quaranta opere circa», illustra Martorelli.