È la prima mostra sull’arte digitale femminista e sul cyberfemminismo, nata già prima dell’avvento del World Wide Web, che ha rivoluzionato il mondo, influenzando anche la produzione artistica a partire dagli anni 2000. A proporla è il Mudam Luxembourg-Musée d’Art moderne Grand-Duc Jean che, dal 20 settembre al 2 febbraio 2025, presenta «Radical Software: Women, Art & Computing 1960-1991»: «È il momento di presentare una mostra che consideri le artiste del XX secolo che, a lungo trascurate o escluse da ambiti artistici tradizionalmente maschili, come la pittura, si sono rivolte verso il settore, all’epoca ancora inesplorato, della tecnologia, ha spiegato la direttrice del museo lussemburghese Bettina Steinbrügge. Le donne sono state leader nell’arte digitale del XX secolo, ma restano ampiamente invisibili in tutto un settore della storia dell’arte occidentale».
È dunque una storia femminista dell’arte digitale che il museo intende scrivere, colmando le lacune che la tradizione dell’arte occidentale si è portata dietro da più di un secolo. La mostra, con un centinaio di opere di artiste realizzate tra gli anni ’60 e i primi anni ’90, è stata organizzata in collaborazione con il Kunsthalle Wien, che la ospiterà dal 28 febbraio al 25 maggio 2025. La sua curatrice è Michelle Cotton, neodirettrice del museo di Vienna. Il titolo scelto fa riferimento alla storica rivista «Radical Software», fondata nella primavera del 1970 a New York dai visual artist Beryl Korot, Phyllis (Gershuny) Segura e Ira Schneider, influenzati dalla celebre tesi di Marshall McLuhan per cui «il medium è il messaggio», e che contribuì alla diffusione della videoarte, la cui produzione oggi resta sempre particolarmente vivace. Phyllis (Gershuny) Segura e Ira Schneider «adottarono il termine software (in contrapposizione all’hardware) come metafora e potente strumento di cambiamento sociale», spiega il museo.
La mostra ricorda Ada Lovelace (1815-52), nobildonna e matematica londinese, considerata la prima programmatrice di computer al mondo, per aver tracciato nel 1843 il primo algoritmo inteso per essere elaborato da una macchina. Ricorda anche le centinaia di matematiche che lavoravano alla Nasa negli anni ’50 e ’60. L’approccio scelto è multidisciplinare. Sono allestiti, tra gli altri, i lavori di Rebecca Allen, Dara Birnbaum, Doris Chase, Anna Bella Geiger, Barbara Hammer, Alison Knowles, Charlotte Johannesson o ancora Dominique Gonzalez-Foerster.
Il Mudam presenta in parallelo, fino al 5 gennaio 2025, anche «Risk Landscape», una monografica di Agnieszka Kurant, giovane artista polacca attiva a New York, che si interessa all’Intelligenza Artificiale e all’economia digitale.