Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliAl Mann sono state allestite due mostre che dialogano con la sezione permanente «Domus», dedicata alle forme e alla cultura dell’abitare nell’area vesuviana (fino al 28 febbraio 2026).
Le due esposizioni «Luigi Bazzani e la casa pompeiana» e «1859 Un fotografo russo a Pompei: Gabriel Ivanovič de Rumine» sono curate da Andrea Milanese, Ruggiero Ferrajoli e Domenico Pino.
La spinta che ha portato alla loro ideazione e realizzazione è stata quella di: «fare emergere nuove chiavi di lettura, che aiutano a comprendere le origini del mito di Pompei e il ruolo che esso ha avuto nell’immaginario europeo», come ha dichiarato Massimo Osanna, direttore generale Musei. Il filo conduttore è rappresentato dal racconto della volontà di numerosi artisti di documentare Pompei e gli straordinari ritrovamenti avvenuti nella città vesuviana.
Il centro delle due esposizioni è rappresentato, in un caso, da 18 acquerelli realizzati da Luigi Bazzani (1836-1927), un pittore e uno scenografo di successo al suo tempo, e da una serie di immagini all’albumina di grande formato realizzate da Gabriel Ivanovič de Rumine nel 1859, in una fase pionieristica per la fotografia.
Le due esposizioni sono state precedute dal restauro degli acquerelli di Bazzani e da una ricerca accurata intorno al lascito fotografico. In quest’ultimo caso le sorprese non sono mancate: Andrea Milanese e Giovanni Fanelli sono riusciti a ricostruire la figura di Gabriel Ivanovič de Rumine, che era stata completamente oscurata da quella di un cugino più giovane che era nato a Losanna, nel 1841, e aveva molto aiutato le Arti. Il futuro fotografo era nato invece a San Pietroburgo nel 1828, in una colta e illuminata famiglia aristocratica: era nipote di Nikolaj Gavrilovič de Rumine, la cui abitazione era frequentata da Lev Nikolaevič Tolstoj. Lo scrittore ebbe modo d’incontrare di nuovo de Rumine, che aveva la sua stessa età, a Parigi nel marzo del 1857, come ricorda nelle sue pagine di diario.
De Rumine, ufficiale delle truppe imperiali russe, si era appassionato alla fotografia, di cui aveva intuito le potenzialità. Nel 1856, lasciato l’esercito, si era trasferito a Parigi e a Londra per seguire la sua passione. Nella capitale francese nel 1858 aveva aperto un atelier ed era divenuto socio della Société Française de Photographie (lo sarà anche della Royal Photographic Society). L’anno successivo aveva chiesto di seguire il granduca Costantino di Russia, fratello dello zar Alessandro II, in un viaggio nel Mediterraneo che toccò, tra l’altro, Palermo, Napoli, Atene e Gerusalemme, in qualità di fotografo. Concluso il viaggio e tornato a Parigi, vi aveva fondato la rivista «Gazette du Nord»: agli abbonati veniva donato un album di 10 stampe in formato ridotto degli scatti effettuati durante il viaggio.
Ma torniamo alle foto esposte al Mann: de Rumine, dopo un diniego iniziale, aveva ottenuto il permesso di fotografare a Pompei e all’interno del Real Museo Borbonico per un mese, a partire dal 7 marzo 1859. Sappiamo, inoltre, che il granduca Costantino, prima di lasciare Napoli il 17 aprile 1859, donò le immagini scattate al re Ferdinando II. Si tratta probabilmente di quelle conservate ora negli archivi del Mann, dove sono state rinvenute, nonché uno dei primi reportage fotografici sugli scavi e il primo per quanto riguarda le immagini di grande formato. L’autore dimostra un’attenzione notevole per l’inquadratura e l’uso delle luci e delle ombre.
Per quanto concerne l’altra esposizione, si può ricordare che Luigi Bazzani disegnò scenografie per le prime rappresentazioni italiane di Wilhelm Richard Wagner e per opere di Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini. I suoi acquerelli sono entrati nelle collezioni del Museo nel 1922 in considerazione del loro valore artistico e documentario: i soggetti spaziano da luoghi pubblici, come l’Odeion e il Tempio di Iside, all’interno di varie case. Non mancano nemmeno vedute con scorci dell’antica città.

Una stampa all’albumina di Gabriel Ivanovič de Rumine, 1859. Photo: Mann-Museo Archeologico Nazionale di Napoli