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Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliIl lavoro artigianale è il protagonista della mostra «Artifices. I creatori dell’arte», allestita fino al 2 aprile 2026 a Bolzano negli spazi del Centro Trevi per iniziativa della Provincia autonoma di Bolzano in collaborazione con il Museo Nazionale Romano. Le curatrici hanno inteso offrire uno spaccato dell’artigianato artistico e di quello più ordinario nella Roma antica. Va segnalato, innanzitutto, un dato che ne suggerisce la vitalità: la documentazione epigrafica ha consentito di censirvi 160 mestieri diversi a fronte dei 99 ricordati a Firenze durante il Trecento.
Nel percorso espositivo si è scelto, in apertura, di dare voce, attraverso le epigrafi, a singoli artigiani: Nicephor, un orefice, la cui bottega era lungo la Via Sacra; Lucius Petronius Patronus, che lavorava l’argento; Sextus Clodius Amoenus, specializzato nella lavorazione dell’avorio; Synistor, un cesellatore; Eutactus, un pittore; Caius Vettius Capitolinus, un ricamatore deceduto in età giovanissima; Licinius, un tintore; Alexander, un capomastro; Titus Statilius Nicepor, esperto nella costruzione di pareti. Una scelta che rimanda idealmente all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, o, se si vuole, alle canzoni presenti nell’album «Non al denaro non all’amore né al cielo» di Fabrizio De André pure ispirate a quell’antologia.
Seguono poi alcune testimonianze di singole produzioni e si allarga lo sguardo a città e territori al di fuori di Roma: la ceramica sigillata, le lucerne in terracotta, i mosaici, le decorazioni a intarsio marmoreo e ovviamente gli affreschi parietali. In mostra è presente un frammento proveniente da un luogo sconosciuto di Roma e raffigurante la «Bona Dea», una divinità della pastorizia e dei boschi, venerata anche per la dote di predire il futuro. Si tratta di un culto esclusivamente femminile che, nel corso dei secoli, si legò alla fecondità e assunse una valenza salvifica. Si possono osservare inoltre alcuni manufatti in vetro, su uno sono incise scene di vita marina: viene attribuito a una produzione urbana del IV secolo d.C. Attenzione va prestata a oggetti realizzati in osso e in avorio e, in particolare, a una placchetta di rivestimento con scene legate al culto di Cibele. È stata recuperata nell’area del Tempio di Saturno, nel Foro Romano, e si può datare nella seconda metà del IV secolo d.C. Non potevano mancare testimonianze della scultura e, tra le opere esposte, particolarmente significative risultano le statue provenienti da una villa tardorepubblicana riportata alla luce a Fianello Sabino (Rieti), in prossimità della Chiesa romanica di Santa Maria Assunta. Le statue di fattura pregevole furono rinvenute ammassate e deposte in una fossa sigillata da uno spesso strato di calcestruzzo. Vi erano state collocate al momento della costruzione di un primo edificio di culto cristiano nel V secolo d.C. Tra esse spicca la statua di una giovane donna avvolta da un ampio mantello, che esegue un passo di danza: porta avanti la gamba sinistra e ruota il corpo nella direzione opposta, la mano destra sorregge un lembo della veste. Può essere datata alla fine del II secolo a.C. Degna di nota è anche una statua raffigurante una Menade, mancante della testa e delle braccia, che erano state lavorate a parte e poi assemblate. Ora sono andate perdute. La testimonianza della lunga durata della vitalità dell’artigianato artistico a Roma è affidata ai materiali recuperati con gli scavi nell’area della Crypta Balbi, una delle prime e più complete indagini di archeologia urbana realizzate in Italia con la direzione di Daniele Manacorda. Tra i resti della Roma repubblicana e imperiale s’insediarono officine dove si lavorava il vetro, i metalli, l’osso per realizzare oggetti di uso quotidiano di minore o maggiore pregio. L’esposizione e il catalogo (Allemandi) sono curati da Carlotta Caruso, Sara Colantonio, Antonella Ferraro, Chiara Giobbe e Agnese Pergola.
Lucerna ad ansa plastica a carattere isiaco Da Roma, Palatino fine II-prima metà III secolo d.C. MNR Palazzo Massimo
Cratere con scene del mito di Ercole Da Roma, da un probabile mitreo, tra via Statilia e via G. Passalaqua, tardo IV-inizi V secolo d.C. MNR Crypta Balbi