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Raffaello, «San Michele e il drago», 1505 ca, Musée du Louvre, Parigi. © Paris, Musée du Louvre, Département des Peintures

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Raffaello, «San Michele e il drago», 1505 ca, Musée du Louvre, Parigi. © Paris, Musée du Louvre, Département des Peintures

Raffaello e i suoi fan

A due anni dal quinto centenario della morte, l’Accademia Carrara anticipa le celebrazioni del pittore «divino»

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

In anticipo di due anni sulle celebrazioni per il quinto centenario della morte di Raffaello (Urbino, 1483-Roma, 1520), l’Accademia Carrara presenta dal 27 gennaio al 6 maggio la mostra «Raffaello e l’eco del mito» (catalogo Electa), curata da Maria Cristina Rodeschini, Emanuela Daffra e Giacinto Di Pietrantonio.

Secondo la consuetudine di questa istituzione, anche l’omaggio a Raffaello è stato realizzato prendendo le mosse da uno dei capolavori delle sue raccolte, il «San Sebastiano» di Raffaello, databile al 1502-03, che ha di fatto «dettato» la linea lungo la quale i curatori e il comitato scientifico (Vincenzo Farinella, Fernando Mazzocca, Cristina Quattrini, Maria Rita Silvestrelli) si sono mossi. Articolate in sei sezioni, le 65 opere in mostra esplorano le molte possibilità di lettura dell’opera. Ne parliamo con Maria Cristina Rodeschini, cocuratrice della mostra e direttrice dell’Accademia Carrara.

Dottoressa Rodeschini, da quali riflessioni siete partiti nel momento di ideare e realizzare la mostra?
Questa mostra muove dal «San Sebastiano» di Raffaello conservato nelle nostre raccolte: trattandosi di un’opera giovanile, abbiamo indagato l’ambiente culturale in cui Raffaello crebbe, soffermandoci sul padre, Giovanni Santi, a capo di una  fiorente bottega, e sui modelli visivi che incontrò, da Pinturicchio a Perugino a Signorelli. La sua dote prodigiosa resta tuttavia la capacità di superare le fonti d’ispirazione, finendo per surclassare i modelli. Gli anni giovanili, dunque, e le sapientissime opere della giovinezza, per poi ritornare al «San Sebastiano», che Raffaello interpreta secondo un’iconografia non scontata: il santo è ritratto come un giovane elegantemente vestito, sullo sfondo di un atmosferico paesaggio che apre uno scenario naturale di grande bellezza e non è trafitto dalle frecce, ma ne impugna una con grazia. L’indagine sulle fonti dell’immagine e sulla fortuna del tema spazia dal mondo  fiammingo (Memling) a Perugino, agli allievi di Leonardo a Milano. La mostra non è però dedicata al solo Raffaello; come sottolinea il titolo, in coerenza con l’ingresso del dipinto nella collezione di Guglielmo Lochis, nel 1836, evidenzia anche la fortuna di Raffaello nel primo Ottocento e la rinascita di un mito: gli artisti sono sedotti dall’opera di Raffaello e dalla sua vita, che divengono temi di molti dipinti. Non poteva mancare un capitolo sul rapporto degli artisti moderni e contemporanei. E questo è il contributo della GAMeC di Bergamo, che dichiara l’intramontabile attualità di Raffaello.

Avete avuto prestiti dai maggiori musei italiani e del mondo. Avete incontrato difficoltà?
L’originalità del progetto scientifico ha suscitato l’interesse dei musei cui ci siamo rivolti. L’ottenimento dei prestiti ha avuto la sua complessità: d’altra parte la rarità e la delicatezza dei dipinti e dei disegni giovanili di Raffaello spingono chi li conserva alla massima prudenza, ma la Carrara gode in Italia e all’estero di buona stima. I musei italiani e stranieri hanno sostenuto il progetto con convinzione, questi ultimi superando anche una delle nostre difficoltà: i tempi organizzativi delle mostre, che spesso non coincidono con i loro.

In che modo, a suo parere, gli artisti contemporanei si rapportano con Raffaello? Con ironia o con reverenza?
I contemporanei riconoscono in lui la massima espressione dell’identità dell’artista. Non è casuale che Salvo, Ontani, Vezzoli, nella diversità delle rispettive poetiche, si siano autoritratti in veste di Raffaello, identificandosi con l’artista. La perfezione della sua opera, l’eccellenza nell’esercizio del disegno, individuato come matrice concettuale di ogni composizione (ad esempio, nelle opere di Paolini, Fabro), la bellezza della ragione che presiede le sue creazioni, assegnano a Raffaello il ruolo di principe dell’arte. Per gli artisti postmoderni, che sono tornati a interrogarsi sullo statuto dell’arte, Raffaello rappresenta un punto di riferimento di grande importanza.

Quali le caratteristiche dell’allestimento?
Il progetto, a cura di Tobia Scarpa e Mauro Piantelli, ordinerà la mostra negli spazi della GAMeC in modo suggestivo e all’insegna della sobrietà. È un progetto che si sposa alla proposta critica e intende valorizzare pienamente le opere, rifuggendo da ambientazioni in stile e riducendo ai minimi termini il colore. Inoltre, assegna nuovo valore alla luce naturale delle sale, con l’adozione di un dispositivo e di materiali che impreziosiscono e modulano lo spazio.

Link:
Accademia Carrara

www.raffaellesco.it

Raffaello, «San Michele e il drago», 1505 ca, Musée du Louvre, Parigi. © Paris, Musée du Louvre, Département des Peintures

Ada Masoero, 16 gennaio 2018 | © Riproduzione riservata

Raffaello e i suoi fan | Ada Masoero

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