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Nicoletta Biglietti
Leggi i suoi articoliDue opposti modi di concepire la luce e la sua ombra. Due opposti approcci al Rinascimento che, nonostante la lontananza fisica che da anni li divide, possono ora tornare a dialogare, a mostrare quella potenza comunicativa, poetica e di ricerca che solo uno dei massimi artisti di quel periodo in Italia era in grado di generare.
L’accostamento tra la Camera Picta di Palazzo Ducale a Mantova e il «San Sebastiano» della Ca d’Oro di Venezia, entrambi realizzati da Andrea Mantegna, non rappresenta «solo» un omaggio al loro autore, ma una rara occasione di dialogo tra due capolavori magistrali della Storia dell’arte, esposti insieme nel loro contesto natio. In concomitanza con l’avvio dei lavori impiantistici del Museo veneziano il capolavoro di Ca’ d’Oro torna nella sua città d’origine, prima della ricollocazione definitiva, prevista per l’estate, all’interno della cosiddetta Cappella del Mantegna.
Per la prima volta le due opere saranno esposte l’una accanto all’altra: il santo sarà visibile nella Camera dei Soli, spazio direttamente adiacente alla Camera degli Sposi, percorso intitolato «Mantegna vs Mantegna. La luce della Camera Picta e l’ombra del San Sebastiano di Ca’ d’Oro» visitabile dal 12 aprile al 15 giugno al Palazzo Ducale di Mantova. Una mostra in cui la Camera degli Sposi, luminoso manifesto del Rinascimento, si ricongiungerà con il martire trafitto; con quel fanciullo la cui carne livida e lacerata da frecce e il cui volto etereo nella sua più umana e dolorosa sofferenza si stagliano su uno sfondo buio come antico ed eterno simulacro, come rappresentazione di quella verità sottesa che lo stesso Mantegna, giunto, nel momento della realizzazione dell’opera, all’ultima parte della sua vita, sembra aver lasciato in eredità. Un dipinto che nell’anno di morte del Mantegna, il 1506, è documentato tra gli averi dei suoi eredi, mentre successivamente sarebbe transitato tra le illustri collezioni di Pietro Bembo e Antonio Scarpa, trovando la sua definitiva collocazione a Ca d’Oro grazie al barone Giorgio Franchetti. Un trasferimento temporaneo, quello mantovano, che restituisce al pubblico una delle opere più intense e sofferte del Mantegna, accostata al simbolo del fasto cittadino. Il confronto è anche una riflessione sulla doppia anima di un maestro del Rinascimento italiano che ha avuto due opposti modi di concepire la luce e le sue rifrazioni, due opposti modi per approcciarsi allo spirito stesso del Rinascimento.

Andrea Mantegna, particolare dell’oculo sul soffitto della Camera Picta