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Roméo Mivekannin «D’après “La couleur de la grenade”, Sergueï Paradjanov (1969)», 2024 (particolare)

© Roméo Mivekannin, by Siae 2025. Cortesia dell’artista e della Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris). Foto: Gregory Copitet

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Roméo Mivekannin «D’après “La couleur de la grenade”, Sergueï Paradjanov (1969)», 2024 (particolare)

© Roméo Mivekannin, by Siae 2025. Cortesia dell’artista e della Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris). Foto: Gregory Copitet

Roméo Mivekannin ammaliato da Caravaggio e Pasolini

Per la sua prima personale in Italia, nella Collezione Maramotti, l’artista ha realizzato 20 grandi dipinti su velluto nero: una scelta ispiratagli da Julian Schnabel e dalla pittura barocca

Venti grandi dipinti ad acrilico su velluto nero, liberi sulla parete, svelano figure che escono dall’oscurità con la potenza espressiva di apparizioni restituite dal profondo. «Black Mirror», la nuova mostra proposta dalla Collezione Maramotti dal 9 marzo al 27 luglio, esplora l’immaginario, fluttuante tra diverse culture, di Roméo Mivekannin (Bouaké, Costa d’Avorio, 1986). 

L’artista, cresciuto in Benin e formatosi in Francia, nella sua ricerca intreccia narrazioni e tradizioni ancestrali africane con raffigurazioni e simboli della storia dell’arte occidentale, per costruire o ricostruire iconografie dettate da una particolare sensibilità per la condizione umana. La scelta del velluto nero, che l’artista ha qui sperimentato per la prima volta, prende spunto da un dipinto di Julian Schnabel (visto nella Collezione Maramotti), ma al contempo richiama apertamente la pittura barocca. Partendo dall’analisi della tecnica di Caravaggio, citato esplicitamente anche nella grammatica compositiva e nel reiterato autoritrarsi come testimone della scena all’interno delle opere, Mivekannin impagina un gioco di sguardi teatrale e coinvolgente, in cui il suo stesso volto interpreta emotivamente le situazioni messe in scena, e si volge a noi interpellandoci con dolcezza e urgenza. «Il mio primo viaggio in Italia è stato per vedere le opere di Caravaggio. La mia cultura si basa su una certa idea di trasmissione e di iscrizione nella storia umana e per me rendere omaggio a Caravaggio è anche un modo per continuare a tessere i legami della storia dell’arte», ha dichiarato l’artista. 

La mostra, concepita come un corpus unitario, restituisce suggestioni visive raccolte in Italia, con un’attenzione particolare per l’Emilia-Romagna e Reggio Emilia, e accanto alle citazioni caravaggesche si riconoscono iconografie di opere d’arte classiche, echi di fotografie, di movimenti e archetipi della danza e del cinema da Pina Bausch a Pier Paolo Pasolini, Sergej Parajanov e Leos Carax. «A Reggio Emilia, ricorda l’artista, l’architettura mi ha davvero colpito e mi hanno colpito le storie, come ad esempio quella della bambina e dell’apparizione in una chiesa. Sono rimasto molto impressionato dalle opere della Collezione Maramotti, dal modo in cui raccontano la condizione umana, il desiderio, il divario tra metafisica, chimica e vanità (in particolare Richter e Bacon), ma anche dall’architettura brutalista della sede espositiva, e dalla città. Poi sono stato anche a Ravenna, a Bologna, ed è stata un po’ tutta la regione a ispirarmi. Architetture emblematiche, come chiese e teatri, hanno lasciato in me un segno per quello che vi si può osservare, ma anche per la storia dei corpi che vi si muovevano, che vi lavoravano. Mi è piaciuto molto il balletto. Infine, un aspetto molto importante per me è che questo territorio abbia sostenuto la protesta contro l’apartheid in Sudafrica. Nella mostra c’è un’opera che riecheggia direttamente questa idea».

Dall’esperienza del viaggio è dunque nata una risonanza di visioni differenti, e l’influenza del contesto culturale e artistico italiano si è ancorata all’intreccio di sguardi e di vissuti altrove, finché l’esperienza ha trovato un’inaspettata ispirazione nel modello letterario del reportage che Pier Paolo Pasolini realizzò nell’estate del 1959, percorrendo tutta la costa italiana da nord a sud. Un’ispirazione che l’artista ha tenuto a sottolineare: «Tutto quello che scoprivo e vedevo tracciava un filo di Arianna, che a poco a poco si allargava. Rileggendo La lunga strada di sabbia di Pasolini mi sono detto che sarebbe stato interessante un racconto che riecheggiasse la bellezza e la violenza della storia di questo libro. A poco a poco ho integrato anche immagini che avevo raccolto da tempo per creare un ritratto di me stesso alla luce di questo contesto. Spero che il pubblico e gli artisti italiani trovino nel mio lavoro la stessa ispirazione che ho trovato io nella loro magnifica cultura».

Roméo Mivekannin, «D’après “Le crucifiement de Saint Pierre”, Le Caravage (1600)», 2024. © Roméo Mivekannin, by Siae 2025. Cortesia dell’artista e della Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris). Foto: Gregory Copitet

Valeria Tassinari, 08 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

Roméo Mivekannin ammaliato da Caravaggio e Pasolini | Valeria Tassinari

Roméo Mivekannin ammaliato da Caravaggio e Pasolini | Valeria Tassinari