Sigmar Polke fotografa «Le vecchie» di Goya nel Palais des Beaux-Arts di Lille nel 1982

© Britta Zoellne

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Sigmar Polke fotografa «Le vecchie» di Goya nel Palais des Beaux-Arts di Lille nel 1982

© Britta Zoellne

Sigmar Polke sedotto da Goya

Al Museo del Prado una cinquantina di opere del pittore tedesco tentano un dialogo con il maestro spagnolo e la tradizione del Paese

Dopo aver organizzato una mostra di Sigmar Polke (Oels, 1941-Colonia, 2010) a Barcellona trent’anni fa, quando in Spagna era ancora praticamente sconosciuto, Gloria Moure, una delle curatrici spagnole più influenti, presenta la prima monografica dell’artista tedesco a Madrid. «Sigmar Polke. Affinità rivelate», allestita nel Museo del Prado fino al 16 marzo, confronta due artisti separati da quasi 200 anni, ma legati dal loro approccio dirompente e visionario, che ha permesso alla curatrice di creare un dialogo tra la carica simbolica di Francisco Goya (1746-1828) e la sperimentazione formale di Polke

Moure ha selezionato una cinquantina di opere, di cui tre sono del maestro spagnolo: «Il colosso», che fu oggetto di un’attribuzione molto discussa e controversa, un’incisione da «I Capricci» intitolata «Hanno già un posto» e, per la prima volta in Spagna, l’enigmatico dipinto a olio «Le vecchie», un prestito del Musée des Beaux-Arts di Lille, in cui la polisemica figura di Saturno minaccia le anziane donne (quasi cadaveri) brandendo una scopa. Ad aprire il percorso è proprio quest’ultima opera, che affascinò moltissimo Polke, come dimostra un’immagine in cui lo si vede nel 1982 mentre fotografa la tela nel museo di Lille. L’accompagna una radiografia della sua superficie, particolarmente rilevante per Polke, che era ossessionato dal dipinto e da ciò che poteva nascondere. Nell’angolo in alto a sinistra, anche a occhio nudo si può infatti distinguere una scena nascosta sotto le pennellate. 

Le radiografie hanno rivelato che Goya aveva riutilizzato, secondo Polke intenzionalmente, una tela già dipinta con il tema della Resurrezione di Cristo. «Nell’analisi ai raggi X di quest’opera, l’artista scoprì molto più di quanto il suo intuito lo avesse spinto a cercare. La rivelazione di una raffigurazione precedente, nascosta, si adatta perfettamente alla sua visione della pittura come un oggetto stratificato in cui si sedimentano il tempo e la memoria, aggiungendo strati di significato all’intenzione originale dell’artista», spiega Gloria Moure.

Confermano questo punto di vista opere come «Paganini», in cui Polke si appropria di una composizione di Louis-Léopold Boilly per parlare dell’orrore nazista; «È arrivato il giorno della gloria», in cui collega il massacro sulla scalinata della «Corazzata Potemkin» di Eisenstein alle esecuzioni di Goya; e «Berretto per dormire», in cui la sperimentazione con il pigmento indaco, che aveva ossidato casualmente con vernice ad alcool, sfocia in un risultato caotico e sperimentale che mette in evidenza la sua preferenza per i processi creativi che accettano l’errore come parte fondamentale. 

Moure ha sottolineato la peculiarità di un’artista che «difese la pittura pur facendo parte di una generazione che la rifiutò» e ha ricordato anche la sua relazione personale con Polke e il suo interesse per realizzare questo progetto. «In passato con Sigmar parlammo molto della possibilità di organizzare questa mostra. Aveva stabilito un rapporto stretto con il Prado, attraverso Manuela Mena che gli fornì molta documentazione», aggiunge la curatrice, riferendosi alla conservatrice e poi vicedirettrice del Prado, considerata una delle maggiori esperte mondiali di Goya. 

Si tratta della seconda mostra che il museo madrileno dedica all’arte attuale e il suo direttore, Miguel Falomir, ha sottolineato di voler proseguire, in questo modo, il percorso iniziato nel 2022 con la mostra «Zóbel. Il futuro del passato». 

Roberta Bosco, 09 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

Sigmar Polke sedotto da Goya | Roberta Bosco

Sigmar Polke sedotto da Goya | Roberta Bosco