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Il mese di maggio nella reinterpretazione di Małgorzata Mirga-Tas (particolare). Foto D. Rumiancew

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Il mese di maggio nella reinterpretazione di Małgorzata Mirga-Tas (particolare). Foto D. Rumiancew

Storie e leggende rom alla corte del Duca d’Este

Nel Palazzo Schifanoia di Ferrara la grande installazione di Małgorzata Mirga-Tas, che ha rappresentato la Polonia all’ultima Biennale di Venezia

Valeria Tassinari

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A poche settimane dal disallestimento del Padiglione della Polonia, dopo la chiusura della 59ma Biennale di Venezia in occasione della quale era stata concepita, la grande installazione «Da Schifanoia: re-incantare il mondo» di Małgorzata Mirga-Tas è approdata ora, fino al 10 aprile, nel cuore di Ferrara, per volontà della «strana coppia» ferrarese Sgarbi e Franceschini, per una volta concordi. Proprio in questa città, infatti, l’artista rom-polacca aveva trovato ispirazione per l’opera, durante un viaggio in Italia compiuto nel 2021 insieme ai curatori Wojciech Szymański e Joanna Warsza, con i quali stava lavorando al progetto veneziano.

Prima artista rom della storia a essere invitata alla Biennale, Mirga-Tas aveva trovato una potente ispirazione nell’impianto narrativo tripartito, sospeso tra mito, esoterismo e racconto del vero, del celebre ciclo di affreschi rinascimentali del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia e, dopo averne approfondito lo studio attraverso gli scritti di Aby Warburg e della scrittrice Ali Smith, ne ha dato una personale interpretazione utilizzando tessuti di riuso cuciti a intarsi, un coloratissimo patchwork per sostituire l’aristocratica epopea del duca Borso d’Este con una serie di storie e leggende del suo popolo nomade.

Così i trionfi degli dei dell’Olimpo sono sostituiti da scene del mitico viaggio del popolo rom verso l’Europa, ispirate alle stampe seicentesche dell’incisore lorenese Jacques Callot, i decani della fascia centrale lasciano il posto a immagini di donne reali associate a elementi magici e astrologici, mentre la fascia inferiore racconta con tono intimo e popolare la vita quotidiana nella città natale dell’artista, Czarna Góra, e in altri insediamenti rom.

Dopo il successo ottenuto nella vertigine etnico-femminista della Biennale (dove per la sua immediatezza pop è stata tra le opere più riprodotte nei social), nell’allestimento ferrarese l’installazione si staglia lineare al centro dell’imponente Sala degli Stemmi del Castello Estense e, forse per la preziosa consistenza tattile di quelle stoffe già vissute, l’opera assume una valenza più antica, quasi un grande arazzo in cui l’eco di luoghi e personaggi reali si intreccia a quelli di luoghi e personaggi dipinti, in una sovrapposizione semantica e temporale che affascina e disorienta.

Per l’artista è «come se l’opera tornasse a casa: un ritorno (anabasis) dove tutto è cominciato», perché vissuti e modelli figurativi rivelano una nuova potenza affabulatoria, attivando quella che Warburg definiva «Nachleben», sopravvivenza delle immagini attraverso il tempo e lo spazio. La mostra è organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte, Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara e dalla Zachęta-National Gallery of Art di Varsavia.

Il mese di maggio nella reinterpretazione di Małgorzata Mirga-Tas (particolare). Foto D. Rumiancew

Valeria Tassinari, 20 dicembre 2022 | © Riproduzione riservata

Storie e leggende rom alla corte del Duca d’Este | Valeria Tassinari

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