Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Una veduta della mostra «The Quantum Effect» con i curatori Daniel Birnbaum e Jacqui Davies di fronte a «One ball total equilibrium tank», 1985, di Jeff Koons, Venezia, Smac San Marco Art Centre, 2025

Photo: Enrico Fiorese

Image

Una veduta della mostra «The Quantum Effect» con i curatori Daniel Birnbaum e Jacqui Davies di fronte a «One ball total equilibrium tank», 1985, di Jeff Koons, Venezia, Smac San Marco Art Centre, 2025

Photo: Enrico Fiorese

«The Quantum Effect»: l’arte come laboratorio quantico in piazza San Marco

Da Smac San Marco Art Centre un percorso in cui opere d’arte, esperimenti scientifici, equazioni e fantascienza si intrecciano senza gerarchie precise

«Il misticismo è semplicemente la scienza di domani sognata oggi», ricordava Marshall McLuhan. E non è forse Venezia, città sospesa tra riflessi e dissolvenze, tra specchi d’acqua e pietra, il luogo ideale per dare corpo a un sogno scientifico che da un secolo plasma la nostra idea di realtà?

È in piazza San Marco a Venezia, nel neonato Smac San Marco Art Centre, che la fisica dei quanti diventa materia estetica e immaginazione critica, grazie alla mostra «The Quantum Effect» (fino al 23 novembre), curata da Daniel Birnbaum e Jacqui Davies e prodotta in collaborazione con le Ogr di Torino. La meccanica quantistica, nata cent’anni fa, ha rovesciato il mondo classico della certezza: il cosmo prevedibile di Newton ha lasciato spazio a un universo di probabilità, di stati sovrapposti, di misteri che resistono al rigore della ragione. La mostra si presenta come una traduzione spaziale di questo nuovo paradigma: un corridoio di oltre 80 metri e 16 sale che si specchiano l’una nell’altra, dando forma a un allestimento «super simmetrico», dove ogni esperienza ha un doppio enigmatico, come se i visitatori potessero scegliere quale dei molti mondi possibili abitare.

L’ingresso è affidato alla stanza specchiante di Isa Genzken, «Oil VII» (2007), che moltiplica prospettive e corpi fino a dissolverne i confini. Da lì si dipana un percorso in cui opere d’arte, esperimenti scientifici, equazioni e fantascienza si intrecciano senza gerarchie precise, dettami e determinazioni.

Una veduta della mostra «The Quantum Effect» Venezia, Smac San Marco Art Centre, 2025. Photo: Enrico Fiorese

La mostra mette in dialogo opere che attraversano tutto il ’900 e approdano alle più recenti sperimentazioni. Marcel Duchamp, ritratto da Man Ray nel 1923 dietro al suo primo oggetto in vetro, il «Glider» (1913-15), inaugura una genealogia concettuale dell’arte in cui il vetro diventa la fragile soglia tra visibile e invisibile. Sturtevant, con «Duchamp Descendant l’Escalier» (1992), reinterpreta ironicamente il nudo del padre dell’arte antiretinica, mentre John McCracken, con la sua austera «Untitled (Black Plank)» del 1973, erige un monolite che richiama Kubrick e la materia oscura: enigma sospeso tra scultura, mito e cosmologia. Accanto a questi pilastri, Jeff Koons in «One Ball Total Equilibrium Tank» (1985) sospende il suo celeberrimo pallone da basket in un acquario vuoto, in sospensione tra ascesa e caduta, allegoria visiva dell’indeterminatezza quantistica e dialogo implicito con le leggi della gravità di Einstein. Il video di Mark Leckey «To the Old World (Thank You for the Use of Your Body)» (2021-22) mostra un ragazzo che attraversa di slancio il vetro di una pensilina: gesto di violenza e liberazione, riflesso del principio di indeterminazione di Heisenberg, dove l’osservatore modifica l’evento osservato. Dara Birnbaum in «Technology/Transformation: Wonder Woman» (1978-79) smonta l’icona televisiva della supereroina, trasformandone la sua iconica «rotazione» in atto di teletrasporto mediatico, dove l’immagine diventa energia e il corpo identità fluida. Nelle sue ragnatele, come «Hybrid semi-social musical instrument NGC 2976» (2014), Tomás Saraceno materializza l’intuizione che la realtà sia un tessuto vibrante, in cui micro e macrocosmo risuonano come nella teoria delle stringhe. La curatrice Jacqui Davies interviene anche come artista, con opere inedite del 2025 in cui il cinema diventa laboratorio quantistico, mescolando cultura pop, fantascienza e scienza teorica. Nel suo lavoro, il tempo non scorre in linea retta ma si frantuma, si biforca, si moltiplica in possibilità, trasformando l’esperienza del visitatore in una vera immersione «entangled». Tali collage cinematografici inseriscono equazioni e immagini speculative, fino a comporre una sorta di romanzo visivo ispirato al libro Locus Solus di Raymond Roussel.

Il cuore concettuale della mostra è proprio questo: non illustrare la scienza, ma abitare i suoi paradossi. Schrödinger con il suo gatto «vivo e morto», i mondi paralleli della supersimmetria, il teletrasporto e la materia oscura; ogni tema diventa occasione per mostrare che l’arte, come la fisica, è capace di scardinare la logica lineare e restituirci il brivido dell’instabilità. C’è una precisa lezione filosofica nella mostra «The Quantum Effect»: il reale non è mai trasparente, ma è un intreccio di opacità, di zone d’ombra che la ragione non dissolve. L’arte contemporanea qui non è semplice illustrazione della scienza, ma la sua eco critica, capace di trasformare formule e protocolli in narrazioni sensibili. Così, come la fisica dei quanti ci ha insegnato che l’osservatore partecipa alla realtà che osserva, questa mostra ci ricorda che chi attraversa l’arte non resta mai indenne: il visitatore è un osservatore quantico, che modifica l’opera nel momento stesso in cui la percepisce. Smac farà ancora parlare di sé. Inaugura non soltanto un programma espositivo ambizioso, ma un modo nuovo di concepire la mostra come esperimento condiviso. Tra cinema, filosofia e fisica, tra pop culture e grandi maestri concettuali, a Venezia celebra i cent’anni della teoria che ha frantumato le certezze moderne. Non si tratta di capire tutto, ma di imparare a vivere, come scriveva Roussel, non in «ciò che è», ma in «ciò che potrebbe essere».

Una veduta della mostra «The Quantum Effect» Venezia, Smac San Marco Art Centre, 2025. Photo: Enrico Fiorese

Nicola Davide Angerame, 13 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

«The Quantum Effect»: l’arte come laboratorio quantico in piazza San Marco | Nicola Davide Angerame

«The Quantum Effect»: l’arte come laboratorio quantico in piazza San Marco | Nicola Davide Angerame