Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

«Mele cadute» (1968) di Piero Gilardi

Image

«Mele cadute» (1968) di Piero Gilardi

Tripudio di «Tappeti» da Ambrosiana Arte

Le opere più famose dell’artista torinese sono raccolte in un percorso che ne rivela la piacevolezza quanto la natura miserabile

Image

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Ecologista convinto sin da tempi in cui pochissimi si ponevano domande sui danni provocati all’ambiente dall’umanità, attivista politico militante per tutti gli anni ’70, e animatore della cultura giovanile e della creatività condivisa in Italia e nelle periferie del mondo, dal Nicaragua all’Africa, alle Riserve indiane negli Stati Uniti, Piero Gilardi (Torino 1942-2023) è stato un artista, teorico e intellettuale capace di cogliere assai per tempo i segnali del nuovo.

Sin dal 1985, infatti, si è cimentato con le nuove tecnologie e con l’arte digitale interattiva, che oggi rappresenta il nucleo delle collezioni del PAV-Parco Arte Vivente, il progetto grandioso (sei ettari verdi nell’area del Lingotto, a Torino, con studi, laboratori, mostre e installazioni ecologiche all’aperto) da lui avviato nel 2008.
IMG20230914172952775_130_130.jpeg
Le sue opere più famose restano però i «Tappeti-natura», realizzati sin dal 1965 con un materiale innovativo come il poliuretano espanso, morbido al tatto e capace di riprodurre, se dipinto, una sembianza e una tattilità biologiche, ma per sua natura irrimediabilmente chimico, artificiale: il binomio Natura/Cultura è, del resto, il nucleo della ricerca di Gilardi.
IMG20230914172804228_130_130.jpeg
Oltre 30 «Tappeti-natura», da «Mele cadute», 1968, a «Mitre su spiaggia verde», 2016, sono stati riuniti da Andrea Poleschi nella galleria Ambrosiana Arte per la mostra «Piero Gilardi. Ecosistemi 1:1» (dal 21 settembre al 20 ottobre, con testo in catalogo di Alessandra Troncone), titolo che s’ispira a una felice definizione data a quei lavori da Tommaso Trini.

Felice perché davvero quei ritagli di natura, a un primo sguardo, sembrano riprodurre fedelmente un frammento di natura in dimensioni reali, con frutti, fiori, ortaggi, tronchi e rami, ciottoli e conchiglie: perfetti i colori, perfette le screziature dei petali, perfette le scheggiature dei legni.
IMG202309141727053_130_130.jpeg
L’artificio si rivela subito nei margini netti che ritagliano artificiosamente i contorni di questi «tappeti» e nell’eccessiva, glassata, innaturale «piacevolezza» di cui sono portatori. La piacevolezza d’altronde è subito smentita dai germi del disfacimento che, come i frutti e le foglie della «Canestra» di Caravaggio, portano in sé e che a uno sguardo ravvicinato si rivelano come fossero stati «congelati» un attimo prima che il tempo e le leggi naturali compissero il loro lavoro.
IMG20230914172846971_130_130.jpeg
Come scrisse Ettore Sottsass jr. su «Domus» nel 1966, «La natura di Gilardi non è né igienica né confortevole. [...] Non è una natura vittoriosa, non è una natura violenta né selvaggia, né felice. È una natura miserabile, in perdita. Una natura di mele cadute, di zucche da orto di periferia quando i fiori felici dei piselli e dei fagioli, le zinnie e le dalie sono sfiorite e i frutti sono stati raccolti, una natura di pannocchie di granoturco quando i papaveri di giugno, il grano di luglio e le pesche di agosto se ne sono andate e restano nei campi sterpi e radici sconvolte, una natura in perdita». Attualissima, purtroppo.

«Mele e susine» (1991) di Piero Gilardi

«Mitre su spiaggia verde» (2016) di Piero Gilardi

«Spiaggia a Santa Teresita» (2008) di Piero Gilardi

«Betulle» (1997) di Piero Gilardi

Ada Masoero, 19 settembre 2023 | © Riproduzione riservata

Tripudio di «Tappeti» da Ambrosiana Arte | Ada Masoero

Tripudio di «Tappeti» da Ambrosiana Arte | Ada Masoero