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Giancarlo Vitali, E ancora Carne, 1991, olio su tavola, 33x28

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Giancarlo Vitali, E ancora Carne, 1991, olio su tavola, 33x28

Alfa e omega: Agnetti e Vitali

Un pioniere concettuale e un pittore-pittore

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Pur appartenendo alla stessa generazione, non potrebbero essere più diversi i protagonisti delle due consuete mostre estive di arte italiana contemporanea proposte da Palazzo Reale: dal 4 luglio al 24 settembre vanno infatti in scena un rigoroso concettuale come Vincenzo Agnetti (1926-81) e un sanguigno pittore-pittore come Giancarlo Vitali (1929). Curata da Marco Meneguzzo con l’Archivio Agnetti, la mostra «Agnetti. A cent’anni da adesso» è una ricognizione «critica e “sentimentale”» del suo universo concettuale e visivo, spiega il curatore, compiuta grazie a un centinaio di opere realizzate tra il 1967 e il 1981, tutte caratterizzate da un uso «esteso» della parola, non relegata al solo ambito semiologico ma tesa a realizzare immagini e narrazioni, in un concettualismo di segno «metafisico e letterario». Scorrono in mostra tutti i suoi lavori più famosi (da «Quando mi vidi non c’ero» agli «Assiomi», da «Libro dimenticato a memoria» a «Macchina drogata», «Amleto politico», «Autotelefonata» e altri), ma non mancano opere meno note o quasi mai viste, altrettanto significative. Intanto Osart Gallery ha prorogato fino al 21 luglio «Vincenzo Agnetti. Oltre il linguaggio» (cfr n. 374, apr. ’17, p. 64), che completa idealmente il percorso.

Tutt’altra temperatura si avverte nella mostra diffusa «Giancarlo Vitali. Time Out», curata dal figlio (e artista) Velasco Vitali: è la prima grande antologica del pittore di Bellano che ebbe la sua prima mostra pubblica a 56 anni, presentata da Giovanni Testori, che lo scoprì. Sono sempre stati i più fini intellettuali, del resto, gli interlocutori privilegiati di questo pittore scontroso e ostile ai circuiti mercantili, che ha affascinato con i suoi dipinti densi di vita Carlo Bertelli e Mario Botta, Tonino Guerra, Franco Loi, Antonio Tabucchi, Vittorio Sgarbi, Marco Vallora e l’omonimo (ma non parente) scrittore Andrea Vitali, autore di un testo in catalogo (Skira). Ultimo in ordine di tempo è stato Peter Greenaway, colpito dai suoi quadri «tetri, melanconici, claustrofobici, tristi, dolenti e umili»: a lui si deve l’intervento installativo «Mortality with Vitali» nella Casa del Manzoni, dove vanno in scena opere scelte per la consonanza con le diverse stanze, mentre in piazza Belgiojoso «latra» un branco dei cani del figlio Velasco. Oltre a questa sede e a Palazzo Reale, dove scorrono settant’anni della sua pittura, l’esposizione coinvolge il Castello Sforzesco, con una scelta del suo corpus incisorio, e il Museo Civico di Storia Naturale, con l’omaggio all’abate Antonio Stoppani (1824-91), geologo, paleontologo e patriota lecchese, cui Vitali ha dedicato una serie di carte dipinte che ritraggono dei fossili, in dialogo con quelli conservati nel museo.

Vincenzo Agnetti, Surplace, 1979. Courtesy Archivio Vincenzo Agnetti

Vincenzo Agnetti. Courtesy Archivio Vincenzo Agnetti

Giancarlo Vitali, Banchetto, 2002 Olio su tela, 130x95

Giancarlo Vitali, E ancora Carne, 1991, olio su tavola, 33x28

Ada Masoero, 26 luglio 2017 | © Riproduzione riservata

Alfa e omega: Agnetti e Vitali | Ada Masoero

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