«Autoritratto» (1925), di Giorgio Morandi (particolare)

Image

«Autoritratto» (1925), di Giorgio Morandi (particolare)

Alla Estorick Collection tutti i Morandi di Magnani

Sono le 50 opere (dipinti, disegni e incisioni) che il musicologo e grande collezionista aveva riunito nella villa di famiglia a Traversetolo

È un momento di evidente, perdurante attenzione espositiva per il lavoro di Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964), del resto ormai un nome italiano ben saldo nelle quotazioni economiche e nella diffusione della sua figura presso gli importanti mercati anglosassone e asiatico.

Ora dal 6 gennaio al 30 aprile tocca all’Estorick Collection diretta da Roberta Cremoncini offrire un’ulteriore «spinta» esponendo per la prima volta nel Regno Unito l’intera, intima e amplissima raccolta dei Morandi della Fondazione Magnani Rocca di Traversetolo (Pr).

L’appuntamento, ideato per i venticinque anni di attività del museo londinese e curato dalla direttrice Cremoncini insieme ad Alice Ensabella, anticipa inoltre di alcuni mesi l’antologica sull’artista che aprirà a inizio autunno a Palazzo Reale di Milano. Ma già ora in Italia il Museo Morandi-MAMbo di Bologna espone 27 lavori morandiani dell’appartata collezione milanese di Antonio e Matilde Catanese.

La trasferta di Morandi a Londra alla Estorick è inoltre un «ritorno» del pittore visto che nella metropoli inglese negli ultimi anni è stato, ad esempio, esposto nel 2017 alla Galleria Robilant+Voena e nel 2001 alla Tate Modern e sempre alla medesima Estorick. Ma qui l’unicum è dato dal prestito, reso possibile dal direttore scientifico della Magnani Rocca Stefano Roffi, di tutti i lavori conservati nella campagna parmense, dando vita a un percorso caratterizzato da 50 tra dipinti, disegni e incisioni di Giorgio Morandi.

La partenza è affidata a un autoritratto del 1925 sul quale nel 1982 Luigi Magnani (1906-84), il musicologo dal 1939 grande amico del maestro che ha raccolto l’intero corpus morandiano ora esposto a Londra, disse: «Quando Morandi si pone dinnanzi allo specchio per ritrarsi o quando fa posare un modello, si sente condizionato dal dato fisionomico che ostacola la sua tendenza a evadere dal reale e a trasfigurarlo in una identità nuova» (cfr. Il mio Morandi, Einaudi, Torino 1982).

Tra le opere ordinate nelle prime sale altre due sono imprescindibili nel percorso del bolognese: la «Natura morta metafisica» del 1918 e la «Natura morta con strumenti musicali» del 1941. Il primo olio, acquistato in asta da Magnani nel 1973, è una delle sei testimonianze metafisiche del movimento seguito e l’unico in cui il manichino «dechirichiano» compare dimezzato; altrettanto rari gli strumenti musicali del ’41, probabilmente unica opera eseguita su commissione, appunto, dell’amico Magnani.

Il resto del percorso espositivo prosegue con i «classici» paesaggi, bottiglie, dipinti di fiori, soggetto del quale, secondo Cesare Brandi, Morandi era «gelosissimo», oltre a diversi disegni, acquerelli e numerose acqueforti.

Leggi anche, dall’archivio di «Il Giornale dell’Arte»:
«In questa casa si sono posati gli angeli», ovvero il piacere di essere anticollezionista

«Autoritratto» (1925), di Giorgio Morandi (particolare)

«Natura morta» (1936), di Giorgio Morandi (particolare)

Stefano Luppi, 04 gennaio 2023 | © Riproduzione riservata

Alla Estorick Collection tutti i Morandi di Magnani | Stefano Luppi

Alla Estorick Collection tutti i Morandi di Magnani | Stefano Luppi