In che modo l’essere umano percepisce il mondo? Quali inganni ci possono tendere i nostri sensi e quali distorsioni può esercitare sui dati sensoriali l’interpretazione messa in atto dal cervello nel processo percettivo? Il lavoro di Nathlie Provosty (Cincinnati, Ohio, 1981) ruota intorno a queste domande, che lei si porge e ci porge con garbata autoironia, com’è provato anche dal titolo, «What A Fool Ever To Be Tricked Into Seriousness» («che sciocchezza cadere nella trappola della serietà», da un testo di William Carlos Williams, 1883-1963, poeta e medico americano), scelto per la mostra alla Fondazione Ica.
A portare il suo lavoro a Milano, nella prima personale istituzionale in Europa, è Alberto Salvadori, che dell’Ica è il direttore e che cura questa rassegna (realizzata con APalazzo Gallery, Brescia), visibile fino al 22 aprile. La mostra presenta un corpus inedito di dipinti a olio e di opere su carta, accanto a lavori già noti, tutti fondati sulla percezione e sui suoi inciampi.
Come spiega Alberto Salvadori, «credo che una fondazione come Ica debba puntare su artisti che lavorano in modo anche molto diverso, sebbene la pittura rimanga una sorta di filo rosso. Di recente l’abbiamo esplorata attraverso artisti che operano sul fronte della figurazione: il lavoro di Provosty è agli antipodi, perché la sua è una pittura concettuale, che si concentra sull’astrazione geometrica. Lei costruisce, infatti, i suoi lavori con un procedimento “filosofico” e dispone strati sovrapposti, partendo dalle domande che si pone. Decontestualizzato dalle mode, il suo lavoro affonda le radici in alcune delle grandi figure dell’arte astratta e concettuale del secolo scorso, da Lo Savio a Barnett Newman, a Helen Frankenthaler».
Nel public program della mostra si segnala la performance del compositore sperimentale newyorkese Gryphon Rue, che l’11 aprile entrerà in contatto con i suoi lavori in un’esperienza totale, visiva e uditiva, servendosi di harmonium e speciali sintetizzatori.