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Una mostra diffusa per raccontare un momento d’oro di metà Trecento
- Stefano Miliani
- 19 giugno 2018
- 00’minuti di lettura


Dossale del Maestro di Cesi, Spoleto
Lo choc di Giotto in Umbria
Una mostra diffusa per raccontare un momento d’oro di metà Trecento
- Stefano Miliani
- 19 giugno 2018
- 00’minuti di lettura
Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliProvocò certo uno choc, a un artista del primo Trecento, vedere gli affreschi della Basilica superiore di San Francesco ad Assisi. La mostra «Capolavori del Trecento. Il cantiere di Giotto, Spoleto e l’Appennino», concepita e curata da Vittoria Garibaldi, già soprintendente ai beni artistici e storici in Umbria, e Alessandro Delpriori, sindaco di Matelica e storico dell’arte, affiancati dallo storico nonché primo cittadino di Trevi Dino Sperandio, esplora gli effetti diretti e collaterali del cantiere giottesco.
Dal 24 giugno al 4 novembre oltre 70 opere tra dipinti e sculture lignee sono esposte in tre cittadine, tutte in provincia di Perugia: a Trevi presso la Raccolta d’arte di San Francesco, a Montefalco nel Complesso museale di San Francesco e a Spoleto nel Museo Diocesano presso la Basilica di Sant’Eufemia e nel Museo Nazionale del Ducato nella Rocca Albornoz. Infine, lo Spazio Arte Valcasana nel paese di Scheggino suggerisce, con apparati multimediali, itinerari tra Marche, Umbria e Lazio (capolavorideltrecento.it).
«Abbiamo ottenuto prestiti generosissimi, come il tabernacolo del Maestro di Cesi dal Musée Marmottan Monet di Parigi e un pentittico del Maestro di Fossa mai uscito dal Vaticano e che tornano nella sede originaria a Montefalco insieme al dossale di Santa Croce: entrambi vengono dai saloni di rappresentanza del Papa», precisa Vittoria Garibaldi.
L’obiettivo della mostra è «raccontare che cosa succede ai pittori quando rientrano in contatto con la cultura locale dopo aver visto Assisi e come integrano il messaggio di Giotto con le peculiarità del linguaggio umbro. Ognuno elabora le novità a modo suo. Ad esempio, il Maestro di Fossa raccoglie un insieme di influenze, non ultima la cultura angioina. Proponendo capolavori, cerchiamo di chiarire il più possibile un momento d’oro interrotto dalla grande peste a metà Trecento».
Se non si può tratteggiare un linguaggio unico fra autori come il Maestro di Cesi, il Maestro della Croce di Trevi, il Maestro di San Ponziano, gli echi giotteschi travalicano le vette appenniniche. «Parliamo di maestri itineranti. Il Maestro di Fossa lavora a Trevi e all’Aquila», argomenta Vittoria Garibaldi. «L’80% dei lavori proviene da chiese francescane», aggiunge Sperandio. In prevalenza gli artisti raffigurano il Calvario: è un mondo legato alla Passione di Cristo, alla penitenza, al francescanesimo che qui si espresse anche con Jacopone da Todi».
Gli itinerari includono luoghi chiusi per il terremoto, per esempio nelle Marche, perché «vogliamo far capire come quei luoghi risentano della rivoluzione trecentesca e suggeriamo tappe nei luoghi martoriati proprio per dare un segno di rinascita e vitalità».

Dossale del Maestro di Cesi, Spoleto