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Luce e oro di Arnaldo Pomodoro

La sua città d’adozione ne festeggia il novantesimo compleanno

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Redazione GdA

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La città in cui Arnaldo Pomodoro, oltre 60 anni fa, scelse di vivere e lavorare (pur fra i tanti viaggi e i soggiorni all’estero per lavoro e per l’insegnamento universitario), festeggia i 90 anni dello scultore. Dal 30 novembre 2016 al 5 febbraio 2017 lo fa con una mostra prodotta con Fondazione Pomodoro e MondoMostre Skira che, muovendo dalla Sala delle Cariatidi in Palazzo Reale e dalla piazzetta Reale, dove si trova la grande scultura percorribile «The Pietrarubbia Group» (1975-2015), si irradia in altre sedi d’eccellenza, dal Museo Poldi Pezzoli alla Triennale di Milano, alla Fondazione Arnaldo Pomodoro e ai tanti luoghi della città, da piazza Meda al Piccolo Teatro, da via Manzoni a via Solari, fino alla Bovisa e a Segrate, dove si trovano le sue sculture monumentali. 

La mostra della Sala delle Cariatidi è curata da Ada Masoero ma, di fatto, è stata curata dall’artista stesso: è stato lui, infatti, a scegliere ad una ad una la trentina di opere che scandiscono, come tappe fondative, il suo percorso di ricerca dal 1955 al 2013. Circondate, su due lati della Sala delle Cariatidi, dai primi rilievi (avviati già nel 1955, poco dopo l’arrivo a Milano con il fratello Giò), tre grandi piattaforme poste lungo l’asse centrale del salone esibiscono i «numeri uno», o comunque gli esemplari più significativi dei filoni di ricerca successivi, dal «Cubo» alla «Ruota», dalla tavola «In memory of John F. Kennedy» (1963-64) al «Grande ascolto» (1967-68), ideato quando insegnava a Stanford; dalle famose «Sfere» ai «Cippi», fino al «Colpo d’ala» (un omaggio a Boccioni) e al «Papyrus», degli anni Ottanta, qui scorre la sua ricerca di decenni.

Sui due lati corti si alzano da un lato la «Grande tavola della memoria» (1959-65), dall’altro il potentissimo, oscuro rilievo delle «Battaglie» (1995), i cui segni acuminati evocano, con voce contemporanea, le lance e le picche delle «Battaglie» di Paolo Uccello. Si avverte così, grazie all’accostamento di questi capisaldi di Pomodoro, la coerenza e, al tempo stesso, l’evoluzione creativa di un linguaggio che sin dall’inizio si è espresso con un alfabeto di segni di difficile decifrazione eppure familiari, «amici», perché radicati in un remoto inconscio collettivo e al tempo stesso proiettati in un futuro tecnologico e informatico, mentre, con l’avvio della tridimensionalità, prendeva forma la dialettica tra le superfici lucenti e polite di solidi euclidei apparentemente inscalfibili e la loro vulnerabile interiorità, messa a nudo dall’artista.   

Di qui, dopo aver attraversato, in piazzetta Reale, il complesso scultoreo «The Pietrarubbia Group», frutto di una ricerca quarantennale, ci si può spingere al Museo Poldi Pezzoli dove, nella Sala del Collezionista, per la cura di Antonio Calbi, vanno in scena i modelletti delle sue più celebri scenografie, documenti della passione dell’artista per il teatro. Oppure alla Triennale di Milano, dove Aldo Colonetti presenta la vicenda di due delle sue quattro «Architetture visionarie» (le altre due sono esposte nella Fondazione Arnaldo Pomodoro, con la cura di Ada Masoero).

O, ancora, il visitatore può raggiungere la vicina piazza Meda, dove splende il «Grande disco», scelto quest’anno dai milanesi fra le sei opere simbolo della città, e qui entrare nella hall della Banca Popolare di Milano, dove si erge la colonna «Movimento». Oppure, uscendo dal Poldi Pezzoli (dove l’artista ha allestito nel 1998-2000 la Sala d’Armi, con una grandiosa scultura sulla volta), osservare il «Disco in forma di rosa del deserto» posto nel cortile del palazzo accanto (di Intesa Sanpaolo), o giungere al Conservatorio Giuseppe Verdi, dove una «Lancia di luce» si proietta verso il cielo o, ancora, sperimentare l’emozione dell’«Ingresso nel labirinto» (1995-2011), l’ambiente sotterraneo che si apre nell’edificio ex Riva Calzoni in via Solari, dov’è stata per alcuni anni la sede della Fondazione Arnaldo Pomodoro.
 

Redazione GdA, 02 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

Luce e oro di Arnaldo Pomodoro | Redazione GdA

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