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Pochi le conoscevano sinora, se non chi frequenta le conferenze organizzate nella Sala del Grechetto della Biblioteca Centrale, in Palazzo Sormani. E anche chi notava quella sorta di sontuosa «tappezzeria», per via dell’annerimento e delle manomissioni subite, non poteva sapere di essere di fronte a un ciclo di oltre 20 gigantesche tele del XVII secolo, abitate da una folla di animali: un unicum tanto per il suo tema (quasi un atlante di 200 specie in dimensioni naturali) quanto per la qualità pittorica.
Ora quelle tele sono il cuore di «Il meraviglioso mondo della natura. Una favola, tra arte, mito e scienza» (dal 13 marzo al 14 luglio), ideata e curata per Palazzo Reale da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa. Prodotta da Milano-Cultura, Palazzo Reale, 24 Ore Cultura-Gruppo 24 Ore, la mostra ricostruisce nella Sala delle Cariatidi l’allestimento originario di quel ciclo dedicato a Orfeo.
Spiega Stoppa: «Il ciclo pittorico fu commissionato negli anni ’70 del ’600 da Alessandro Visconti, capocaccia del granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici, per il suo palazzo sito in quella che è oggi via Monte Napoleone, poi passato ai Lunati e quindi ai Verri. Giunse in Palazzo Sormani nel 1877, alle nozze dell’ultima dei Verri, Carolina, con Alessandro Sormani Andreani. Lì le tele rimasero abbandonate fino ai primissimi anni del ’900, quando furono sistemate da Achille Majnoni d’Intignano, con i restauratori fratelli Porta, per essere rimontate in un salone ben più piccolo e basso di quello originario e in altri spazi del palazzo, sconvolgendo l’ordine della narrazione».
Restavano però le testimonianze pittoriche di alcuni allievi di Giuseppe Bertini, docente a Brera nell’800, inviati dal maestro a dipingere scene di duelli e battaglie ambientate nel salone di via Monte Napoleone. Se ne conosceva qualcuna; Agosti e Stoppa ne hanno rintracciate molte altre (una al Poldi Pezzoli) e, forti di quei documenti visivi hanno chiesto alla scenografa Margherita Palli di ricostruire nella Sala delle Cariatidi una sorta di «scatola» che riproducesse il salone di Palazzo Verri, con l’illuminazione di Pasquale Mari che «penetra» da finte finestre, dipinte da Rinaldo Rinaldi, così come i lambris e il soffitto.
Ma non basta, spiega Agosti, «grazie alla collaborazione preziosa dello staff scientifico del Museo di Storia Naturale di Milano, e ai prestiti dello stesso museo e dell’Acquario Civico, e del Muse di Trento, in mostra figurano 200 animali tassidermizzati (gli stessi dei dipinti) tra cui sui può camminare». Quanto all’attribuzione, i dipinti, studiati anche da Mina Gregori e Alessandro Morandotti, sono rimasti a lungo anonimi. Solo di recente Vittoria Orlandi Balzari ha individuato un intervento del polacco Pandolfo Reschi (per gli animali e le piante) e del fiammingo Livio Mehus per le figure: «Condividiamo l’attribuzione, dichiarano i curatori, ma l’intervento dovrebbe risalire agli anni ’70 del ’600».
La mostra è introdotta da due sale in cui si vede il passaggio nell’arte da una natura immobile a una natura «vivente», con il confronto tra il disegno di un gatto dall’«Historia plantarum», da Roma, Biblioteca Casanatense, e uno di Leonardo, dall’Ambrosiana, e quello tra il «Piatto metallico con pesche» di G.A. Figino e la «Canestra di frutta» di Caravaggio, dall’Ambrosiana anch’essa. Ora resta da sciogliere un nodo: «Le tele, che godono dell’ArtBonus, vanno restaurate e il costo è ingente, commentano Stoppa e Agosti. Si pensava di far “adottare” un animale o una figura a chi lo vorrà, pagando il restauro di quell’area di pittura. Ma poi, dove saranno esposte?».

Un particolare del Ciclo di Orfeo, Pinacoteca del Castello Sforzesco, Milano. © Comune di Milano. Tutti i diritti riservati