Rita Paris
Leggi i suoi articoliLa ricorrenza dei cento anni dalla nascita di Antonio Cederna (27 ottobre 1921), che quasi coincide con i 25 anni dalla sua scomparsa (27 agosto 1996), ha accresciuto l’attenzione verso la sua personalità e la sua opera, con scritti e iniziative da parte del mondo della cultura e di associazioni, in particolare Italia Nostra di cui è stato consigliere nazionale e presidente della sezione romana.
Non si tratta solo di un riconoscimento formale nei confronti di una personalità che ha dedicato l’impegno di una vita alla salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio culturale, quanto dell’esigenza, da parte di molti, di ritrovare e far conoscere la modernità del suo approccio rispetto ai temi trattati, con l’auspicio che, ben lungi da sentimenti nostalgici, alcuni dei concetti fondamentali espressi da Cederna vengano raccolti dalle nuove generazioni. «Solo chi è moderno rispetta l’antico e solo chi rispetta l’antico è pronto a capire le necessità della civiltà moderna»: così scriveva in uno dei suoi volumi, I vandali in casa (Laterza, 1956).
Laureato e specializzato in archeologia, Cederna si afferma subito come giornalista, collaborando dalla fine degli anni Quaranta con il settimanale «Il Mondo» e successivamente con il «Corriere della Sera», fino a «la Repubblica» e «l’Espresso», denunciando instancabilmente tutto ciò che metteva a rischio l’ambiente e il patrimonio culturale. In veste di consigliere comunale di Roma fornisce un contributo alla soluzione di alcuni progetti per la città, tra i quali la scelta di collocare l’Auditorium dove oggi si trova, ottenendo il plauso di tutta l’Aula. Al ruolo di deputato parlamentare (1987-92, indipendente Pci) si devono, tra altro, il contributo alla legge per la difesa del suolo e la Legge Roma Capitale (L. 369/1990) per interventi di riqualificazione della città.
Poche righe non bastano per ricordare Cederna come si dovrebbe, ma dei suoi impegni principali voglio citare quelli per cui è ancora necessario rivolgersi alla sua visione: la tutela dei centri storici, dai principi della Carta di Gubbio del 1960, tema oggi molto avversato, il Progetto Fori e l’Appia. La sistemazione dell’area archeologica centrale può trovare una soluzione solo nell’integrazione tra l’antico e la città; archeologia e urbanistica devono collaborare per un ruolo sociale e culturale moderno, secondo il progetto portato avanti da Cederna con i più autorevoli urbanisti del momento (inizio degli anni Ottanta) Luigi Benevolo, Vezio De Lucia e Italo Insolera, e il forte sostegno del soprintendente Adriano La Regina, unitamente all’attenzione per i danni che l’inquinamento stava causando ai monumenti antichi.
All’Appia Cederna ha dedicato oltre 140 articoli; il suo impegno, insieme ad altri esperti e a Italia Nostra, ha fatto sì che il Piano Regolatore del 1965 sancisse per tutto l’ambito l’inedificabilità, come Parco pubblico. Nella mia responsabilità istituzionale per l’Appia (dal 1996 direttrice dell’Appia per la Soprintendenza e dal 2017 al 2018 direttrice del Parco Archeologico dell’Appia Antica, dopo la riforma come istituto autonomo; Ndr) ho iniziato a lavorare leggendo e rileggendo Cederna che sarebbe mancato presto, nel 1996, primo presidente del Parco Regionale dell’Appia. Tutto ciò che era accaduto, che era stato denunciato da Cederna nei suoi scritti e nella sua azione e che ancora accadeva sull’Appia mi sembrava incredibile; abusivismo e trasformazioni, assenza di regole, traffico incontrollato.
Molto è stato fatto: tutela senza tregua, scavi, restauri, acquisizioni di proprietà private, il sottopasso delle corsie del Grande Raccordo Anulare (Gra) che tagliavano l’Appia, la cancellazione dell’edificazione nella Tenuta di Tor Marancia, particolarmente a cuore a Cederna e a tanti Comitati e Associazioni, ora annessa al Parco dell’Appia, grazie al vincolo della Soprintendenza. Tutti risultati importanti ma non sufficienti all’eccezionalità di questo monumento unico da salvare religiosamente intatto, «intoccabile come l’Acropoli di Atene» (usando le parole stesse di Cederna).
L’acquisto nel 2002 della proprietà di Capo di Bove, ora un complesso aperto al pubblico dove è stato riscoperto tutto il valore storico e archeologico del sito, si è legato all’Archivio Cederna donato dalla famiglia allo Stato, con un sito web che mette a disposizione di tutti i documenti. Ancora molto si deve fare affinché l’Appia, troppo spesso al centro di una attenzione mediatica effimera, con i suoi monumenti e il paesaggio, si integri con la città dall’area centrale ai Castelli. Continuiamo a leggere Cederna e certamente, con la volontà, troveremo la soluzione.