Con il suprematista «Quadrato nero su fondo bianco» il russo nativo di Kiev Kazimir Malevič nel 1915 ha compiuto un passo essenziale per restituire al nero «il suo statuto di colore, la sua valenza cromatica». Lo scrive Bruno Corà per la mostra «La luce del nero» da lui curata negli ex Seccatoi della Fondazione Burri di Città di Castello che il pittore tifernate dipinse e dove collocò più opere del colore del buio.
Appena inaugurata, la rassegna, che dura sino al 28 agosto, raduna lavori, tra gli altri, di Bizhan Bassiri, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Hans Hartung, Emilio Isgrò, Jannis Kounellis, Robert Morris, Louise Nevelson, Nunzio, Claudio Parmiggiani, Antoni Tàpies, più facsimili di opere di Burri che si possono toccare.
Se pensate alla cecità non siete fuori strada. Nella prima sala una «Camera sensoriale» immerge chi entra nell’oscurità. «La luce del nero», annota il presidente della Fondazione, «oltre a significare lo sguardo interiore della “veggenza” psichica e poetica all’opposto di quella fisica» per vari poeti, vuole anche fornire «un’esperienza estetico-sensibile condivisa tra visitatori non vedenti, ipovedenti e vedenti».
L’iniziativa si inserisce nel programma «Europa Creativa 2020» con il progetto «Beam Up» (Blind Engagement In Accessible Museum Projects 2020-2023). Vi concorrono Atlante Servizi Culturali, la Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano, l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza di Bologna, il museo di arte contemporanea dell’Università di Cork (Irlanda) «The Glucksman» e quello di Zagabria «MSU Muzej Suvremene Umjetnosti».