La più bella, la più complessa, la più «sensuale» (se così può definirsi tale inquietante manufatto) delle cere anatomiche del museo La Specola di Firenze, è stata ribattezzata, non a caso, «la Venere». Si tratta del modello di un corpo femminile, nudo e giacente, scomponibile secondo più piani successivi per rivelare gli organi interni, modellato in età illuminista dagli abilissimi ceroplasti fiorentini perché si potesse studiare l’anatomia umana anche in assenza di cadaveri da sezionare.
Insieme ad altri tre «corpi» femminili, a nove cere che raffigurano la gestazione e a 72 copie espositive di antichi disegni anatomici, la «Venere» della Specola (museo che conserva la più vasta raccolta al mondo di cere anatomiche del XVIII secolo, oltre alla collezione del famoso ceroplasta siciliano del secondo Seicento Gaetano Giulio Zumbo) giunge alla Fondazione Prada (esposta fino al 17 luglio), nella mostra singolare «Cere anatomiche: La Specola di Firenze|David Cronenberg».
Com’è già accaduto in altre rassegne della Fondazione, l’arte si unisce alla scienza e il corpo umano diventa oggetto centrale dell’indagine, ma qui si aggiunge la lettura che di quegli artefatti dà il regista canadese David Cronenberg (1943): all’esposizione di segno rigorosamente museale delle cere e dei disegni anatomici (al primo piano del Podium), si aggiunge, al piano terreno, la sua interpretazione immaginifica di quattro di quelle cere. Che lo hanno sedotto: pur consapevole della loro natura didattica, Cronenberg non esita, infatti, a dire che «nel loro tentativo di creare delle figure [...] il cui linguaggio corporeo ed espressione facciale non mostrassero sofferenza o agonia e non suggerissero l’idea di torture, punizioni o interventi chirurgici, gli scultori finirono col produrre personaggi viventi apparentemente travolti dall’estasi. È stata questa sorprendente scelta stilistica che ha catturato la mia immaginazione: e se fosse stata la dissezione stessa a indurre quella tensione, quel rapimento quasi religioso?».