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«Crocifissione in un cimitero ebraico» di Giovanni Bellini

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«Crocifissione in un cimitero ebraico» di Giovanni Bellini

Liquidazione della Banca Popolare di Vicenza

In attesa delle decisioni del Consiglio di Stato, avviate le procedure di vendita delle opere di Palazzo Thiene e Palazzo degli Alberti, al momento alienabili singolarmente anche se vincolate

Gloria Gatti

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Il 25 giugno 2017 la Banca Popolare di Vicenza è stata posta in liquidazione coatta amministrativa, una procedura concorsuale speciale riservata a particolari categorie di imprese in stato d’insolvenza che esercitano un’attività di rilevante interesse pubblico per l’economia nazionale, che sono, insomma, «too big to fail», per usare un’espressione americana presa in prestito dal cinema.

Nel patrimonio da liquidare per soddisfare i risparmiatori «truffati», ai sensi dell’art. 10 e 13 del Codice dei Beni Culturali, rientrano anche i beni d’arte di interesse particolarmente importante a Palazzo Thiene (Vicenza) e Palazzo degli Alberti (Prato), gli interessati avranno tempo sino alle 24 del 28 febbraio 2022 per inviare un’offerta d’acquisto non vincolante, secondo le modalità indicate nel bando.

Tra le inestimabili opere in vendita «l’Incoronazione di spine» di Caravaggio, «La Madonna col bambino» di Filippo Lippi e «la Crocifissione in un cimitero ebraico» di Giovanni Bellini, dichiarati inseparabili in quanto collezione e inamovibili da Palazzo degli Alberti, ora sede di una delle Filiali di Banca Intesa. A Palazzo Thiene, oggi museo civico cittadino, è invece vincolata la collezione di grandi maestri veneti, tra cui Giovanni Buonconsiglio, Jacopo Bassano, Jacopo Tintoretto, Gianbattista e Giandomenico Tiepolo.

Al momento le opere sono alienabili singolarmente, ma non potranno essere separate le une dalle altre e spostate dai Palazzi, che un tempo rappresentavano i fasti delle banche private oggi decadute alle quali, per effetto della notifica «come collezione con contestuale dichiarazione di pertinenzialità», sono state unite indissolubilmente divenendo un unicum, esattamente come lo è la pittura muraria «Giove, Nettuno e Plutone» per il Casino dell’Aurora.

I liquidatori hanno impugnato i provvedimenti di vincolo e in primo grado i ricorsi sono stati rigettati (T.A.R. Toscana, III, n. 1345/2020 e T.A.R. Veneto. II, 01162/2020); la scelta di avviare le procedure di vendita in questo momento, mentre sono ancora pendenti i ricorsi al Consiglio di Stato, è poco comprensibile, poiché a quell’avverbio «attualmente» e all’eventuale accoglimento dell’impugnative è legato il valore di mercato delle opere e forse anche l’esito della vendita stessa.

Se da un lato è incontestabile che queste opere provengono da una «collezione» bancaria, è altrettanto innegabile che con i provvedimenti di notifica siano state create tante collezioni, «la Galleria degli Alberti» e «la Collezione di collezioni di Palazzo Thiene», che le collezioni siano state smembrate, spostate e riunite anche dopo la messa in liquidazione coatta amministrativa, come se si trattasse di fare cherry picking.

La Liquidazione stessa ha messo in asta nel 2020 da Pandolfini 6 opere di autori minori provenienti da Palazzo Thiene non colpite dal vincolo, circostanza che potrebbe oltremodo minare quell’unitarietà e quell’essere un unicum che impone un vincolo collettivo. In proposito il Consiglio di Stato in un precedente caso aveva chiarito che «il provvedimento di vincolo può avere ad oggetto solo l’intera collezione nella sua globalità» (Cons. Stato 6386/2009).

E quando a fare le spese per protezione del patrimonio nazionale imprigionato dentro confini o peggio nei palazzi sono i risparmiatori, creditori delle banche in default, c’è da chiedersi se la tutela del risparmio diritto di rango costituzionale debba essere recessiva rispetto a un provvedimento amministrativo a tutela del «patrimonio storico e artistico della Nazione».
 

«Crocifissione in un cimitero ebraico» di Giovanni Bellini

Gloria Gatti, 14 febbraio 2022 | © Riproduzione riservata

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