La prima tappa della mostra «Venice Time Case» si è appena conclusa a Milano, nella Galleria d’Arte Tommaso Calabro, ma di qui le 50 opere di altrettanti giovanissimi artisti attivi nell’area veneziana (molti sono studenti dell’Accademia di Venezia), sono appena partite per procedere da metà gennaio, a Parigi, alla Galerie Italienne, poi a Roma, Napoli, Berlino, ed essere infine donate a un museo d’arte contemporanea.
Fedeli alla vocazione di questa «mostra in valigia» (discendente 2.0 della «Boite-en-valise» di Duchamp), ideata da Luca Massimo Barbero e presentata con il gallerista milanese e con Apice (che ha prodotto le cinque valigie rigide Fly Case in cui far viaggiare le opere in sicurezza), i 50 lavori, tutti dello stesso formato e realizzati sull’identico supporto, sono stati voluti in questa forma dal curatore con il preciso intento di portare nel mondo la «nascosta vitalità dell’arte di quell’ampia città tra terra e mare» che è Venezia, con la sua immediata terraferma (dove lui ha uno studio).
Al «Giornale dell’Arte» che, qualche tempo fa, gli chiedeva che cosa desiderasse per l’arte contemporanea, Barbero aveva risposto che sognava che si guardasse ai «luoghi nascosti dove l’arte stava nascendo e dove non vi era l’elettricità scontata dei riflettori. Per me, dichiarò, quel luogo è Venezia, con Mestre e soprattutto Marghera incluse».
E di qui è scaturita questa mostra (con catalogo Marsilio ideato dal graphic designer Leonardo Sonnoli), realizzata con Tommaso Calabro ma libera da ogni fine commerciale, perché pensata per offrire una visibilità internazionale e un approdo «pubblico» a questi giovani artisti talentuosi: giovani artisti che, va detto, sono tutti pittori fuorché uno (che però è scultore, altra tecnica tradizionale). In barba alla declamata «morte della pittura».
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