Stefano Causa
Leggi i suoi articoliTra le belle notizie di inizio anno c’è la ripubblicazione, presso Einaudi, di un classico della storiografia come Mecenati e pittori. Studio sui rapporti tra arte e società italiana nell’età barocca di Francis Haskell, uscito in inglese nel 1963 e tradotto una prima volta in italiano tre anni dopo. L’ultima era stata quella che Haskell volle pubblicare da Allemandi (dopo quella di Sansoni ed Einaudi e per la quale scrisse il suo ultimo saggio prima di morire mentre terminava la stampa). La nuova edizione è curata da Tomaso Montanari.
Il volume comporta un’immersione nell’arte del Seicento e della prima metà del Settecento abbracciata con massima apertura di compasso. Storia e critica, analisi delle forme e ricostruzione dei contesti, lettura dei documenti figurativi e riscontro sulle carte: sono tutti elementi a sostegno di una ricognizione meticolosa e appassionante.
L’interdisciplinarità, cattiva parola di largo abuso negli anni '70, non solo è antiveduta, ma guadagnata con naturalezza senza proclami. D’altronde Mecenati e pittori è scritto meravigliosamente. O meglio: è tra i dieci libri d’arte più godibili che esistano (è un romanzo che si legge come un saggio) e basta una scorsa per rendersi conto che la decantata divulgazione non coincide tanto con la strenua volontà di farsi capire, ma, semmai, di tener desta l’attenzione. La sfida non è tanto quella di scrivere chiaro quanto di non annoiare.
Il libro è contemporaneamente un viaggio in Italia e l’itinerario di formazione di un inglese di poco più di vent’anni perso, nei frangenti della ricostruzione post bellica, tra musei, biblioteche, palazzi e archivi. Sfilano collezionisti e artisti, ribalte e sottobosco dell’Italia premoderna. Una via di mezzo tra Stendhal e Sebald (senza la dolente asciuttezza del secondo).
Persino nella dedica congiunta alla moglie Larissa e agli amici italiani, cova un programma di vita e lavoro. Insieme, o subito dopo il Bernini di Wittkower, il Cortona di Briganti e il Solimena di Bologna, Mecenati e pittori è un libro utile per familiarizzare con la cultura del Barocco e con le versioni vernacolari che, del Barocco, avrebbe fornito la cosiddetta scena provinciale. Rimane nella rosa dei titoli da impilare nello zaino per cominciare la salita di questo mestiere.
Negli inoltrati anni ’60, che sono anche quelli della seconda decade della rivista «Paragone», non era certo scontato anteporre i committenti agli artisti, nell’ordine d’ingresso in copertina; men che mai inalberare un sottotitolo così poco longhiano come Studio sui rapporti tra arte e società italiana nell’età barocca. La circolazione del volume è stata inarrestabile: germinando negli studi, oltre che nelle mostre più importanti del finale di secolo. La sua portata si valuta se incontriamo le vicende napoletane seicentesche. Sugli studi meridionali l’effetto Haskell è stravolgente.
Il Seicento napoletano sul quale abbiamo giurato fino a ieri è stato reinventato, tra le due guerre, da uno storico piemontese come Longhi (un paradosso che non finisce di divertire gli amici torinesi cui capita di ricordarlo). Eguale discorso tocca il Settecento che, lasciando fuori parte dell’essenziale, sempre Longhi tenta di rivendere come subcontinente del secolo precedente, appoggiandosi a un maestro sconosciuto alle fonti, e refrattario alla decorazione, come Gaspare Traversi.
Il meridionalismo sforbiciato da Longhi si radicalizza diversificandosi nei suoi maggiori interlocutori locali, Raffaello Causa e Ferdinando Bologna. Haskell li conosceva bene entrambi, ma è con Causa che il rapporto sfocerà in un connubio, come testimonia il coinvolgimento di Haskell nel catalogo di Civiltà del ’700 a Napoli e nella parata Dal Caravaggio a Giordano, anno 1982. I temi del collezionismo e della museografia, sui quali avevano provato ad affacciarsi i cartisti locali, avrebbero rischiato di impantanarsi in un’erudizione di fiato corto. Ma è con Mecenati e pittori che anche a Napoli la ricerca riparte con nuovi nessi e con un respiro culturale diverso.
Mecenati e pittori. L’arte e la società italiana nell’epoca barocca, di Francis Haskell, a cura di Tomaso Montanari, traduzione di Vincenzo Borea, 612 pp., 155 ill. col. e b/n, Einaudi, Torino 2019, € 95,00
Altri articoli dell'autore
L’eccellenza del capoluogo campano è l’apoteosi della distrazione
Nella sua guida, Sabrina Iorio mette a fuoco con documenti inediti 20 monumenti del territorio, in un Grand Tour da Napoli a Pompei, da Benevento fino alla Certosa di Padula
Divagazioni musicali e cinematografiche di Stefano Causa
«Capolavori e contesti» di Roberto Nicolucci è uno dei primi libri da mettere in mano a uno studente che intenda occuparsi di mostre e musei