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Un momento del riallestimento della Tate Britain nel 2023. Foto: Madeleine Buddo. © Tate

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Un momento del riallestimento della Tate Britain nel 2023. Foto: Madeleine Buddo. © Tate

12,5 milioni di follower sui social media della Tate

«I video sono lo strumento migliore per raggiungere nuovi pubblici», spiega il senior social media manager Nell Burnham: l’account @tate ha raddoppiato le visualizzazioni dei video, raggiungendo nel 2023 i 65 milioni

Aimee Dawson

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La Tate Modern e la Tate Britain hanno accolto circa cinque milioni di visitatori nel 2022. Ma sui social media hanno recentemente raggiunto l’incredibile cifra di 12,5 milioni di follower, come racconta il loro senior social media manager Nell Burnham. Sono riuniti sotto il profilo @tate e sono presenti, tra gli altri, su Instagram, TikTok, Facebook, Threads, LinkedIn e X (ex Twitter). Nel nostro sondaggio annuale sui musei più seguiti sui social media, la Tate è risultata in testa per tre anni consecutivi nel Regno Unito e terza in assoluto nel mondo.

Parliamo con Burnham di come affrontare TikTok, di come lavorare con gli influencer e di come la Tate abbia raddoppiato le visualizzazioni dei suoi video fino a 65 milioni nel 2023.

La Tate è presente su molte piattaforme di social media: quante persone fanno parte del team social e come fate a gestire il tutto?
Oltre a me, abbiamo tre membri del team social media che gestiscono gli account @tate e altri «channel holder» che gestiscono gli altri account (come quelli della Tate St Ives, della Tate Liverpool, della Tate Collective e così via) insieme ad altre responsabilità nell’ambito di compiti più ampi. Per mantenere la coerenza dei nostri contenuti in uscita, una volta al mese ci mettiamo in contatto con tutti i titolari dei canali per condividere le migliori pratiche, l’ispirazione e gli aggiornamenti (e, altrettanto importante, l’occasionale brontolio sulle sfide uniche che le piattaforme dei social media a volte pongono).

Il nostro team di comunicazione con i visitatori ci aiuta anche a gestire le domande e i commenti in arrivo, alleggerendo notevolmente il nostro carico. I social media possono essere un ambiente ad alta pressione e in rapida evoluzione, quindi ho scoperto che è molto importante controllare il benessere del team, incoraggiarci tutti a fare delle pause e assicurarci di mantenere il senso dell’umorismo e la prospettiva nel nostro lavoro quotidiano.

Su quale piattaforma di social media Tate si concentra maggiormente o considera più importante?
Stiamo dedicando sempre più tempo ed energie alla costruzione del nostro pubblico su TikTok. Il nostro abbonamento «Tate Collective» offre biglietti a 5 sterline ai giovani tra i 16 e i 25 anni e sappiamo che TikTok è un canale chiave per raggiungere questi gruppi e coinvolgerli nel nostro programma. Tuttavia, non c’è sempre una ragione o un motivo per cui alcuni contenuti raccolgano consensi e altri invece falliscono completamente. È un fatto imprevedibile e spesso incoerente, il che significa che non possiamo fare affidamento esclusivamente su TikTok per stimolare i livelli di coinvolgimento che vorremmo vedere per la quantità di sforzi profusi. Per questo motivo, cerchiamo di trovare un attento equilibrio tra la sperimentazione su TikTok e la pubblicazione su Instagram, che rimane il nostro canale più affidabile. Da anni è il nostro pubblico più ampio e più attivamente coinvolto e rappresenta circa tre quarti delle nostre visualizzazioni video totali.

Qual è stata la vostra strategia principale per i social media nel 2023? Come è cambiata per il 2024?
Abbiamo riconosciuto che il video è lo strumento migliore per raggiungere nuovi pubblici. Prima del 2020, tutti i nostri contenuti video erano prodotti quasi esclusivamente dal nostro team addetto ai contenuti digitali o da società di produzione esterne. Quando durante il Covid-19 abbiamo dovuto chiudere le sale, abbiamo iniziato a sperimentare contenuti video più informali, girati con i cellulari. Nel 2023, questo approccio ha preso piede, con il team social che guidava la creazione di circa un video a settimana, e abbiamo stabilito come questi si affiancassero e completassero i film di alta qualità e di grande impatto visivo prodotti dal nostro team. Questo ci ha permesso di lanciarci nella produzione di video «social-first» e di raggiungere 65 milioni di visualizzazioni nel 2023, quasi il doppio del nostro precedente record.

Quest’anno vogliamo mantenere questo approccio concentrandoci maggiormente sulla narrazione. Francamente, le riprese delle mostre con un bel sottofondo non bastano: il nostro pubblico vuole sapere che cosa sta vedendo, che si tratti di nuove prospettive, di dettagli sul dietro le quinte o di curiosità su un particolare artista o opera d’arte. Dobbiamo aggiungere valore con le voci fuori campo.

Ci siamo anche concentrati sempre più sulla condivisione dell’esperienza olistica di una visita alla Tate, perché realisticamente non si tratta solo dei contenuti di una mostra, ma anche del luogo, del caffè che si compra all’ingresso, dei dettagli dell’architettura durante la passeggiata e dell’interazione con il nostro personale di accoglienza. Condividere tutto questo con il nostro pubblico online ci permette di offrire l'esperienza di una visita alla Tate a coloro che non possono venire e, auspicabilmente, di abbattere le barriere per coloro che si sentono intimiditi dall’idea di visitare un museo. La Tate è uno spazio sociale e noi vogliamo dimostrarlo.

Come il team misura il successo? Si tratta semplicemente del numero di follower e del coinvolgimento?
Nel 2023, abbiamo aggiunto le visualizzazioni dei video come Kpi (Key performance indicator) per riflettere l’importanza che rivestono per la nostra crescita. Naturalmente questi dati sono importanti, ma non sono tutto. Alla Tate crediamo che l’accesso all’arte sia un diritto universale di ogni persona e nel mio lavoro mi trovo in una posizione unica per utilizzare i social media come strumento per raggiungere pubblici diversi, alcuni dei quali potrebbero non aver mai messo piede in un museo. È questo che mi spinge a fare questo lavoro.

Vogliamo che i nostri contenuti rappresentino fedelmente le comunità di cui i nostri musei fanno parte e agevolino un confronto significativo per un’ampia fascia di persone, non solo per gli specialisti dell’arte. Per questo motivo, monitoriamo attentamente i contenuti dei nostri canali principali per garantire che rappresentino i dati demografici di Londra, la città in cui operiamo. Cerchiamo attivamente opportunità per mettere in piattaforma una selezione diversificata di artisti, creatori o pensatori emergenti che stanno già conducendo conversazioni importanti, e offriamo loro i nostri canali come piattaforma. Quando queste collaborazioni danno vita a conversazioni significative e invitano le persone a considerare qualcosa di nuovo, non è una cosa da poco. È facile raggiungere i 100mila like con un Picasso, ma è davvero questa la misura del successo che vogliamo? Non credo.

Il museo lavora mai con gli influencer?
Sì, gli influencer sui social media sono molto importanti per il nostro lavoro e abbiamo lavorato molto per costruire relazioni con una rete di creatori. Organizziamo anteprime esclusive delle mostre in cui incontriamo gli influencer e di solito diamo loro la possibilità di partecipare a un tour guidato dal curatore. In genere, circa il 50% è costituito da nuovi account con interessi particolari legati ai temi della mostra. I creatori spesso ci chiedono come abbiamo trovato e scelto i loro account: non puntiamo a chi ha molti follower, ma a chi sta creando contenuti e costruendo un pubblico che beneficerebbe davvero di un’anteprima nei nostri musei.

È un vantaggio per tutti: loro ottengono l’accesso esclusivo allo spazio prima dell’apertura al pubblico e noi estendiamo la portata della mostra fino a due milioni di persone il giorno dell’inaugurazione e arricchiamo l’hashtag della mostra con contenuti pertinenti di abili creatori di contenuti. Ogni volta che abbiamo opportunità di contenuti a pagamento, spesso attingiamo al nostro rapporto esistente con i creatori che hanno partecipato a queste anteprime, e spesso questo produce progetti su scala più ampia. Per esempio, la meravigliosa fiorista Harriet Parry aveva già partecipato alla preview della mostra «The Rossettis» del 2023 prima di collaborare con noi per reimmaginare un dipinto in forma floreale, e l’artista Sharon Walters aveva partecipato alle anteprime prima di collaborare con noi per workshop in diretta streaming. Questi sono alcuni dei miei progetti preferiti e il nostro pubblico li adora.

Quale consiglio darebbe sull’uso dei social media nell’arte?
L’autenticità è fondamentale. Il denominatore comune di tutti i nostri contenuti di maggior successo non è la qualità del filmato, la lunghezza o la presenza di un testimonial famoso. Ciò che piace alle persone è la vulnerabilità o l’apertura. Penso a un video del 2023 con Cecilia Vicuña, che parlava della sua straordinaria Hyundai Commission per la Turbine Hall, e una passeggiata alla Tate Britain con Jennifer McShane, copresidente del nostro DisABILITY Network, in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità. I due filmati, sono accomunati dalla trasparenza, dall’onestà e dalla sincerità: aspetti che forse oggi il pubblico desidera particolarmente, anche e soprattutto dai social media.
 

Aimee Dawson, 11 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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