Mario Alberto Ratis
Leggi i suoi articoliLa Galerie Bene Taschen (abbreviazione di Benedikt, nome del famoso editore, Ndr) di Colonia rende omaggio a Larry Fink, grande protagonista della fotografia americana scomparso lo scorso novembre all’età di 82 anni e per tutta la vita grande appassionato di boxe, con «In Memory of Larry Fink: Boxing», la prima mostra postuma, allestita fino al 17 febbraio.
Foto in bianco e nero che raccontano le dinamiche e la psicologia di quel mondo a cavallo fra anni Ottanta e Novanta in America: una muscolatura in tensione o un volto sfigurato dai colpi; la schiena scultorea del pugile che si riposa all’angolo del ring o che si allena al sacco; un intreccio di guantoni e microfoni alla fine del match; le luci della ribalta e quelle di un camerino anonimo. È il 1986 quando il fotografo newyorkese riceve l’incarico di immortalare Jimmy Jacob, asso della pallamano e soprattutto manager dell’allora campione mondiale dei pesi massimi Mike Tyson. Introdotto nel mondo del pugilato ai massimi livelli, Fink firma alcune delle sue serie fotografiche più celebri affermando la propria cifra stilistica, basata su un doppio registro documentaristico e introspettivo. Lo stesso che aveva già usato per mettere a confronto l’upper class delle cene di gala newyorkesi e una famiglia di lavoratori in Pennsylvania alle prese con la vita ordinaria, lui che si definiva con ironia un «marxista di Long Island».
Così Fink ci porta fra teatri, ring e camere d’albergo dell’East Coast, seguendo silenzioso e discreto i suoi eroi. Con le sue istantanee dai forti contrasti tonali, immortala momenti iconici della storia della boxe, come quello che fu definito l’«incontro dell’anno» disputato nel ’91 da Tyson e Donovan Ruddock a Las Vegas. «Sarei rimasto anni a fotografare quel mondo che mi affascinava, ha dichiarato Fink in un’intervista del 2021. Lì trovavo innocenza, trionfo, incorruttibilità, disperazione e bellezza dei corpi».
Un mondo in cui non mancano certo sudore e sangue, mescolati però a un vitale desiderio di gloria e a una leale solidarietà fra i protagonisti, dentro e fuori dal quadrato. Questo è ciò che Larry Fink ha saputo catturare in maniera unica, prima con lo sguardo e poi con lo scatto, offrendoci l’opportunità di assistere a uno show sportivo e umano che sembra non finire qui.
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