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Il Sarcofago delle Amazzoni

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Il Sarcofago delle Amazzoni

A Firenze Etruschi ed Egizi aperti nonostante i lavori

Il Museo Archeologico Nazionale resta aperto durante la revisione dei percorsi e il riallestimento di alcune sezioni, in vista del 60mo anniversario dell’alluvione del ’66. Ne parliamo con il direttore Daniele Federico Maras

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Giuseppe M. Della Fina

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Daniele Federico Maras è direttore da pochi mesi del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, un museo in grado d’illustrare al meglio la civiltà etrusca anche se, non va dimenticato, ospita un’importante sezione egizia, tra le maggiori in Italia. Archeologo per formazione e storico per vocazione, come ama definirsi, Maras, dopo gli studi all’Università di Roma «La Sapienza», dove ha anche insegnato per diversi anni, nel 2017 ha iniziato la sua avventura nel Ministero della Cultura come funzionario archeologo presso la Soprintendenza per l’Etruria Meridionale, affiancando l’impegno in sodalizi culturali internazionali, tra cui la Pontificia Accademia Romana di Archeologia e l’Archaeological Institute of America, collaborazioni con riviste e case editrici e progetti di ricerca e divulgazione scientifica. «Sono convinto, afferma, che questa varietà di esperienze abbia contribuito a prepararmi per il ruolo di grande responsabilità che ora mi è stato affidato, come direttore di un’istituzione di rilevanza nazionale qual è il museo fiorentino».

Un museo dalla storia illustre.
Fu istituito all’indomani dell’Unità d’Italia, in quella che allora era la capitale del Regno, per decreto di Vittorio Emanuele II del 1870 e inaugurato un anno dopo accanto al già esistente Museo Egizio. La sua vocazione, quindi, era sin dall’origine legata all’identità nazionale con diverse anime rispecchiate dalle sue sezioni. Le collezioni medicee e granducali rispecchiano la percezione dell’antico e del bello nel corso dell’età moderna. La raccolta  egizia racconta la storia della ricerca che ha portato alla riscoperta dell’Egitto come patrimonio universale dell’umanità, dall’epoca faraonica fino alla civiltà copta. La collezione etrusca, improntata a un criterio sia tipologico che topografico secondo il progetto di Luigi Adriano Milani, è testimonianza della ricerca sul campo in Etruria. Completano il percorso una sezione del vicino Ospedale degli Innocenti e lo splendido giardino settecentesco della Crocetta, in parte attrezzato a museo all’aperto. Last but not least, sin dagli anni ’80 del Novecento, al museo è stata associata la seicentesca Villa Corsini a Castello.

Quali città-stato dell’Etruria sono documentate e quali sono le opere più significative? 
La collezione etrusca del museo è molto articolata, a partire dalla sua componente storica corrispondente all’eredità medicea e granducale, con capolavori assoluti come la Chimera d’Arezzo e l’Arringatore di Perugia. C’è poi il Museo Topografico dell’Etruria, attualmente in corso di ristrutturazione, che nell’ambizioso progetto di Milani doveva consentire al visitatore di attraversare tutti i centri dell’antica Etruria, compresi quelli della Campania e della Pianura Padana. Particolarmente ricche sono le testimonianze orientalizzanti e arcaiche della Maremma (Vulci, Vetulonia, Roselle), di Populonia e Volterra, ma anche di Chiusi, Arezzo, Cortona e Perugia (queste ultime anche per le fasi più recenti). L’Etruria centrale e meridionale è ben rappresentata con contesti e materiali di Orvieto, Tarquinia, Veio e Cerveteri. Nella sezione dedicata all’arte antica, al secondo piano, viene offerta anche una panoramica delle peculiarità storiche dell’arte etrusca a confronto con quella greca.

Progetti di riallestimento?
L’autonomia speciale che il Ministero ha concesso al Museo dal 2024 coincide con l’avvio di una nuova fase di vita dell’istituto fiorentino, a coronamento di decenni di lavoro di soprintendenti, direttori e funzionari. In questi mesi, finalmente, si è conclusa la lunga fase preparatoria di una serie di imponenti lavori intesi ad aggiornare e rimodernare la struttura e a rilanciare l’immagine del Museo, coordinati e integrati in un grande progetto generale a cura dello studio di architettura fiorentino Guicciardini & Magni. Una parte rilevante dei lavori, finanziata con fondi del Pnrr, riguarda l’efficientamento energetico e l’eliminazione delle barriere architettoniche e cognitive. A questi si affiancano operazioni di revisione dei percorsi e dell’accessibilità, la ristrutturazione totale della sezione di entrata e della lunga ala occupata dal Museo Topografico Etrusco. Infine, grazie al finanziamento internazionale dei coniugi Laura e Jack Winchester, veicolato tramite la King Baudouin Foundation Usa (oggi Myriad), il rifacimento della sezione delle sculture etrusche, a partire dalla sala della Chimera. Si tratta di una grande operazione di ammodernamento, ma abbiamo preso l’impegno di non chiudere mai del tutto l’esposizione e di organizzare eventi e mostre per coinvolgere il pubblico e per rafforzare il rapporto tra il museo e i cittadini. L’appuntamento è nel 2026, in tempo per il 60mo anniversario dell’alluvione del 1966, che all’epoca colpì duramente l’edificio e le sue collezioni. Per allora il museo ritornerà alla sua piena operatività, con l’auspicio di restituire a Firenze il suo ruolo di «Capitale etrusca d’Italia».

Quale futuro auspica per il museo?
Preservare e promuovere il valore culturale immateriale del patrimonio ad esso affidato e l’impegno di custodirlo e gestirlo per incoraggiare lo sviluppo della cultura e trasmetterlo intatto e accresciuto alle generazioni future. Il museo è anche un centro di ricerca, un luogo di studio e un laboratorio di conservazione: sono attività che svolgiamo  quotidianamente in stretta collaborazione con enti pubblici e privati. Per ricreare un rapporto integrato con il territorio da cui provengono i materiali conservati nelle collezioni, in questi mesi abbiamo avviato alcuni eventi espositivi e divulgativi in accordo con le realtà locali. Di recente abbiamo inaugurato la mostra «Visioni di miti e riti etruschi a Firenze» (fino al 7 aprile) con cinque capolavori della pittura etrusca, appartenenti alla «pinacoteca» figurata delle lastre di terracotta dipinte etrusche dell’antica Caere, e ora restituiti al pubblico grazie a un importante recupero della Guardia di Finanza e al rimpatrio di un prezioso frammento che era finito sul mercato americano.

Particolare di una delle cinque lastre di terracotta dipinte etrusche di Caere esposte nel Museo

Giuseppe M. Della Fina, 09 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

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