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Guido Reni, «Davide contempla la testa di Golia», 1605-06 (particolare)

© Artcurial

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Guido Reni, «Davide contempla la testa di Golia», 1605-06 (particolare)

© Artcurial

A Parigi il Davide e Golia di Guido Reni ambisce al record

Dopo due secoli nell’oblio, riemerge un capolavoro autografo del maestro bolognese commissionato da Francesco I d’Este e già nella collezione Savoia. Sarà battuto all’asta da Artcurial e Millon per 2-4 milioni di euro

Elena Correggia

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Un’opera decisiva per il Barocco italiano del primo Seicento, in bilico fra idealismo classico e naturalismo e già in odore di record. Dopo quasi 230 anni di oblio torna alla ribalta un olio su tela di Guido Reni, «Davide contempla la testa di Golia», che le case d’asta Artcurial e Millon propongono congiuntamente all’incanto il 25 novembre, presso la sede parigina di Artcurial, con una stima di 2-4 milioni di euro. L’eccezionalità della tela trova innanzitutto riscontro nella prestigiosa e ben documentata provenienza: fu acquistata dal duca di Modena Francesco I d’Este direttamente dall’artista per poi passare al principe Eugenio di Savoia, raffinato mecenate e valoroso generale che fermò l’avanzata dei Turchi alle porte di Vienna. Alla sua morte l’opera entrò nella collezione del nipote Carlo Emanuele III di Savoia e fu collocata nel Palazzo Reale di Torino. Durante l’occupazione napoleonica dell’Italia venne trasferita fra i beni del generale Pierre-Antoine Dupont de l’Étang in Francia, dove se ne persero le tracce, per essere ora riscoperta presso i suoi discendenti.

«Quando il Cabinet Turquin è stato contattato dagli eredi del generale Dupont de l’Étang per analizzare il dipinto c’è stato grande stupore perché gli esperti, ristabilendo la provenienza, si sono trovati davanti alla versione autografa di un altro lavoro che venne venduto da Sotheby’s nel 1985 come Guido Reni, ma che successivamente si rivelò del suo atelier, forse di Simone Cantarini», spiega Vittorio Preda, capo dipartimento Dipinti antichi de Il Ponte, casa d’aste, parte del gruppo Millon, che è stata incaricata della comunicazione della vendita in Italia dove si sta occupando della presentazione ufficiale dell’opera a musei, fondazioni e privati, potenzialmente interessati.

L’iconografia di Davide e Golia in Guido Reni è stata al centro di alcune repliche autografe, presenti anche in musei, e di diverse copie d’atelier. La versione che andrà in asta a Parigi appartiene alla tipologia Créquy, con la testa del gigante rivolta verso destra, e prende il nome dall’ambasciatore di Luigi XIV a Roma, primo proprietario della versione ora conservata al Louvre, dalla quale la composizione in vendita differisce solo per alcuni dettagli.

«Il dipinto esercitò fin da subito un fascino particolare sui principi e sui regnanti dell’epoca, continua Preda. A livello stilistico il riferimento va alla statuaria classica nella bellezza apollinea dell’eroe, ma l’elaborazione avviene in maniera nuova. Davide non è solo il ragazzo bello e valoroso che combatte contro l’orco cattivo, ma incarna un messaggio di purezza, verità e giustizia superiore di cui si fa tramite. Un significato molto apprezzato dai sovrani del tempo, che amavano trovare riconoscimento del proprio potere materiale attraverso l’investitura divina».  Il dipinto viene datato 1605-06, periodo in cui Guido Reni si era trasferito a Roma e momento fondamentale nell’evoluzione stilistica dell’artista bolognese. L’adesione piena al classicismo barocco che, nella linea dei Carracci, lo rese famoso, si ritrova soprattutto nell’equilibrio e nell’armonia compositiva, nell’eleganza dell’eroe dai tratti delicati, in piedi, pensoso e lontano da ogni trionfalismo. Allo stesso tempo l’opera non è scevra dall’influenza di Caravaggio, dal realismo della testa decapitata di Golia al chiaroscuro che stacca la figura dallo sfondo. «Il confronto con Caravaggio viene interpretato da Reni quasi come una sfida giovanile e ardimentosa, che lo porta a concepire un dipinto dal profumo caravaggesco senza però il sapore truculento che fu proprio del Merisi, precisa Preda. La citazione più evidente si riconosce nel cappello rosso con la piuma, ma lo sfondo è qui neutro e la figura, frontale, assomiglia a quella di un fregio. Non c’è tragedia e anche la testa di Golia è placida, il sangue ridotto a tracce: dall’insieme emerge piuttosto il ritratto di un nobile principe che ha compiuto una nobile impresa».

L’opera per qualità e pedigree ha quindi le carte in regola per tentare di superare il record dell’artista, oggi detenuto da «La toilette di Venere», un olio su tela di grandi dimensioni (245x206 cm), aggiudicato da Hampel a Monaco di Baviera nel 2019 per 3,1 milioni di euro. Risale invece al luglio 2008 il suo secondo miglior risultato, ottenuto dal «Martirio di Sant’Apollonia», un piccolo olio su rame venduto da Sotheby’s a Londra per 2,3 milioni. Le aspettative per il Davide e Golia sono dunque alte e la prospettiva di una contesa internazionale (l’esposizione pre-asta è avvenuta anche a New York in ottobre) potrebbe far lievitare il risultato: «C’è una buona probabilità che l’opera sia esportata fuori dalla Francia anche perché è abbastanza difficile che lo Stato francese intervenga, dato che il Louvre con la versione Créquy possiede già una tela quasi identica», conclude l’esperto.

Guido Reni, «Davide contempla la testa di Golia», 1605-06. © Artcurial

Elena Correggia, 20 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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