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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliLe opere esposte a partire dal 3 aprile all’Institut du monde arabe (Ima) di Parigi sarebbero potute andare distrutte. Sono 130 reperti archeologici rinvenuti durante gli scavi condotti a Gaza: il mosaico di un antico monastero bizantino di Abu Barakeh, una statuetta di terracotta raffigurante una sacerdotessa dell’VIII-VII secolo a.C., una stele funeraria del XII-XIII secolo, svariati frammenti di lampade e di statuette, tra cui un’affascinante testa di cavaliere persiano del VI-V secolo a.C., rinvenuta a Khan Yunis.
Da ottobre 2023, la guerra tra Hamas e Israele mette infatti a dura prova il ricco patrimonio culturale del territorio palestinese: stando all’Unesco, 69 siti culturali della Striscia sono stati danneggiati dai bombardamenti. E se questi reperti preziosi sono intatti e possono essere esposti nella mostra «Tesori salvati da Gaza: 5.000 anni di storia» (fino al 2 novembre), è perché erano conservati al Musée d’Art et d’Histoire (Mah) di Ginevra, diventato dal 2007 il museo rifugio di più di 500 opere appartenenti all’Autorità Palestinese. All’epoca, gli oggetti furono prestati al Mah che organizzava una grande mostra sulla storia millenaria di Gaza, terra «al crocevia delle civiltà». Molte di queste opere appartenevano a Jawdat Khoudary, magnate nel settore dell’edilizia e collezionista, poi esiliatosi in Egitto, che tentò più volte di riportarle a Gaza al termine della mostra, ma le condizioni politiche instabili della Striscia non lo hanno mai reso possibile. Per anni, dunque, sono state conservate nel porto franco svizzero. La mostra parigina è realizzata in collaborazione col Mah (che l’ha accolta fino allo scorso febbraio), l’Autorità palestinese e Aliph, l’Alleanza internazionale per la protezione del patrimonio storico, creata a Ginevra nel 2017, principale fondo mondiale per la salvaguardia del patrimonio nelle zone di guerra. Molti manufatti in mostra all’Ima sono stati rinvenuti durante gli scavi franco-palestinesi iniziati nel 1995 su diversi siti della Striscia, a Nuseirat, a Blakhiya, l’antico porto greco di Anthedon fondato verso il 520 a.C., a Jabalya, che ospitava i resti di un complesso funerario bizantino, e a Tell Es-Sakan, testimone della presenza degli antichi Egizi. Siti che oggi sono in pericolo o che sono stati bombardati.
Altri provengono dalle collezioni che Jawdat Khoudary, il cui museo a Gaza City è andato distrutto, ha donato all’Autorità palestinese nel 2018. Nel percorso della visita è presentata anche una mappatura dei bombardamenti, portata avanti da diversi gruppi di ricerca, e accompagnata da un censimento degli ultimi ritrovamenti archeologici a Gaza. Sono allestite anche fotografie inedite del primo ’900 di Gaza City, provenienti dalla collezione della Scuola biblica e archeologica francese di Gerusalemme, che aveva contribuito agli scavi. In questo periodo l’Ima aveva previsto di accogliere una mostra sull’antica civiltà di Byblos, in Libano, a cui ha dovuto rinunciare a causa del fronte bellico che si è aperto nel Paese a margine della guerra a Gaza. Il museo parigino propone tuttavia un nuovo allestimento fotografico presentando, per la prima volta in Francia, una serie di scatti rari del fondo della Biblioteca orientale dell’Université Saint-Joseph di Beirut, fondata nel 1875. Migliaia di foto furono realizzate dai gesuiti di Beirut, tra il 1864 e il 1970, al fine di documentare i monumenti, le vestigia dell’antichità e i paesaggi del Libano. Immagini che sono attualmente in corso di digitalizzazione, con il sostegno della Fondation Boghossian di Bruxelles e dell’Institut national du patrimoine di Parigi. Per la mostra dell’Ima, allestita fino al 4 gennaio 2026, sono stati selezionati scatti dei siti archeologici emblematici, oggi in pericolo, di Byblos, Baalbek, Tiro e Sidone.

Testa di cavaliere persiano rinvenuta a Khan Yunis, VI-V secolo a.C.