«Concetto spaziale» (1952) di Lucio Fontana (particolare)

© Fondazione Lucio Fontana, Milano by Siae 2024

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«Concetto spaziale» (1952) di Lucio Fontana (particolare)

© Fondazione Lucio Fontana, Milano by Siae 2024

A Ravenna fare mosaico intriga ancora

Da Lucio Fontana a Fabrizio Plessi: per i cent’anni della Scuola di Mosaico dell’Accademia di Belle Arti, il Mar aggiorna la lunga tradizione musiva con un centinaio di opere 

Ancora oggi un’ampia parte dei milioni di turisti che si recano a Ravenna per i capolavori musivi del V e VI secolo risulta disattenta rispetto all’importantissimo «pianeta» novecentesco dei mosaici, medium tuttora vivissimo nella città, tre volte capitale nel corso della storia: dell’Impero romano d’Occidente, del Regno ostrogoto e dell’Esarcato bizantino. Contribuisce enormemente a questo continuo «revival» e «aggiornamento» dell’antichissima tradizione artistica, sia per la formazione sia per la produzione, la Scuola di Mosaico dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna che quest’anno compie cent’anni. 

Così, per festeggiare l’anniversario, dal 12 ottobre al 12 gennaio 2025 il Mar-Museo d’Arte della città di Ravenna, che conserva un’amplissima raccolta sul mosaico contemporaneo e una sezione permanente da poco riallestita, presenta la mostra «I’m a Mosaic! Da Severini, Sironi, Fontana a Paladino, Plessi e Samorì». Si arriva all’esposizione partendo, appunto, da quanto avvenuto un secolo fa. Il 23 gennaio 1924 il consiglio dell’Accademia Provinciale di Belle Arti, fondata nel 1829, decideva la creazione della prima pubblica «Scuola del Mosaico del ’900», presieduta dal pittore e incisore macchiaiolo Vittorio Guaccimanni (1859-1938), perché «qui, meglio che altrove, può formarsi il restauratore e l’artista, e può risorgere la tradizione di un’arte tanto nobile». La scuola aprì ufficialmente il 28 aprile successivo, primo direttore il mosaicista e restauratore ravennate Giuseppe Zampiga (1860-1934), e in essa si formarono nel corso del tempo figure all’epoca molto note come Ines Morigi Berti, Sergio Cicognani, Lino Melano, Libera Musiani, Romolo Papa, Enrico Galassi, Antonio Rocchi e Renato Signorini, tutti artisti che nel 1945-48 contribuirono, prima, alla nascita della Bottega del Mosaico e, poi, del Gruppo Mosaicisti dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna la cui influenza continua a manifestarsi. 

La mostra del Mar aggiorna questa lunghissima tradizione attraverso un percorso, a cura di Paola Babini, Giovanna Cassese, Emanuela Fiori e Giovanni Gardini, composto da un centinaio di opere, che fa il punto sull’appassionante rinascita novecentesca del mosaico, anche dal punto di vista dell’emancipazione dall’arte pittorica. Le articolate sezioni, infatti, ospitano pittori e scultori anche mosaicisti, a partire da importanti opere degli anni Trenta e dei decenni successivi che introducono agli esiti artistici odierni. Si parte con lavori di Gino Severini (una natura morta e due ritratti a mosaico), Achille Funi, presente, ad esempio, con un ritratto d’angelo del 1938, e Mario Sironi, protagonista della rinascita della pittura murale negli anni Venti e qui presente con tre tecniche miste del decennio seguente. Si passa poi da Lucio Fontana, con un «Concetto spaziale» del 1952 e si arriva alla Transavanguardia con Enzo Cucchi, Sandro Chia e Mimmo Paladino, attraverso lavori dell’ultimo ventennio. 

L’ultima parte è dedicata ai tempi più recenti, con lavori degli ultimi anni di Fabrizio Plessi, Nicola Samorì, Ugo Marano e Aldo Mondino

«Oro y plata» (1999) di Aldo Mondino. Foto © Alessandro Zambianchi

Stefano Luppi, 10 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

A Ravenna fare mosaico intriga ancora | Stefano Luppi

A Ravenna fare mosaico intriga ancora | Stefano Luppi