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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliDopo 15 anni dall’ultima grande retrospettiva dedicata a Maruja Mallo, il Centro Botin di Santander e il Museo Reina Sofía di Madrid uniscono i loro sforzi in una grande mostra che propone nuove e significative interpretazioni dell’opera dell’artista surrealista. Maruja Mallo (Viveiro, Galizia, 1902-Madrid, 1995) fu una delle figure più importanti e singolari della Generazione del ’27, un gruppo di artisti e scrittori spagnoli che includeva Rafael Alberti, che fu compagno dell’artista, Salvador Dalí, Federico García Lorca, Luis Buñuel, Rosa Chacel, María Zambrano e Miguel Hernández, che mori in carcere dopo averle dedicato un poema.
Curata da Patricia Molins, conservatrice delle mostre temporanee del Reina Sofía, «Maruja Mallo: mascara e compasso. Dipinti e disegni dal 1924 al 1982» (al Centro Botin dal 12 aprile al 14 settembre e al Museo Reina Sofía di Madrid dall’8 ottobre al 16 marzo 2026), presenta 90 dipinti, numerosi disegni e figure tridimensionali, che ripercorrono l’intera carriera dell’artista: dal Realismo magico dei primi anni alle configurazioni geometriche e fantastiche delle ultime opere.
«I due allestimenti sono molto simili, anche se a Madrid ci sono alcune opere in più e soprattutto molta documentazione, proveniente dall’archivio personale di Maruja Mallo, recentemente acquisito dal Reina Sofía, come parte dell’Archivio Lafuente. Questi documenti mostrano il suo processo di lavoro e il contesto teorico, oltre a riflettere la sua straordinaria diffusione tra i contemporanei», ha spiegato Patricia Molins a “Il Giornale dell’Arte”. Cosa rara per l’epoca, Maruja Mallo aveva un controllo assoluto sulla sua opera, che fotografava e documentava nei minimi dettagli, forse seguendo i consigli del suo amico Salvador Dalí. Spesso si fotografava accanto alle opere, con l’aggiunta di elementi simbolici che davano all’immagine una valenza non solo informativa ma anche performativa. Grazie a questo materiale, abbiamo potuto ricostruire alcune opere importanti che erano andate perse a causa della Guerra civile e del suo esilio in Argentina». È il caso delle figure per il teatro, una via di mezzo tra sculture e marionette, realizzate con lana, sparto ed elementi diversi che indicano l’interesse di Mallo per la ricerca sui materiali e che utilizzò per un celebre «Omaggio a García Lorca», che gli dedicò da Buenos Aires quando fu assassinato.

Maruja Mallo, «La verbena», 1927, Colección Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid. © Maruja Mallo
Per la mostra sono state riprodotte anche alcune ceramiche, ma è stato impossibile ricostruire il murale che realizzò con materiali insoliti come pellicola fotografica, perline e paillette in un teatro di Buenos Aires nel 1945 e fu sorprendentemente distrutto all’inizio degli anni Ottanta insieme all’edificio.
«Mallo ha sempre organizzato il suo lavoro in serie, per cui nell’allestimento era inevitabile seguire quest’ordine cronologico-tematico. Inoltre, per la prima volta da quanto furono presentate nel 1928 nella sede della “Revista de Occidente”, fondata dall’intellettuale José Ortega y Gasset, si espongono insieme le cinque verbenas, le feste popolari che per lei rappresentavano la fratellanza universale e che la resero celebre, tra cui “El Mago/Pim Pam Pum” dell’Art Institute di Chicago e “Kermesse” del Centro Pompidou di Parigi», aggiunge Molins, sottolineando come Mallo fu capace di creare un’immagine estranea ai luoghi comuni, «uno scenario sensuale, lirico e naturale in cui il protagonista è il popolo», come disse García Lorca.
«Gli aspetti procedurali e concettuali meno noti delle sue ultime serie cosmiche sono svelati attraverso una serie di vignette pubblicate nei primi anni Ottanta nella “Revista de Occidente”, diretta da Soledad Ortega Spottorno, figlia del filosofo», prosegue la curatrice, che dedica due ambiti specifici alla relazione di Mallo con il teatro d’ispirazione popolare e all’autorappresentazione dell’artista attraverso fotografie ed elementi simbolici. «Mallo crea una cosmo-visione femminile inedita, un’iconografia e una mitologia nuove per una società nuova, un’epica femminile che anticipa l’arte femminista degli anni Settanta e l’ecofemminismo attuale», assicura Molins, ricordando che la sua eterogenea produzione artistica ha reso labili i confini tra arte popolare e d’avanguardia, tra estetica e politica. «Era un’artista visionaria che riuscì a riflettere le preoccupazioni del suo tempo e ad anticipare quelle del futuro. Le sue opere parlano dell’universalità delle aspirazioni umane, al di là delle differenze economiche, razziali o di genere, del mondo come un sistema ecologico interrelato che deve essere preservato, e del potere dell’arte di rivelare aspetti sconosciuti della realtà», conclude la curatrice.

Maruja Mallo nel suo studio, Madrid 1936. Colección Archivo Lafuente. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía. © Maruja Mallo, Vegap, Santander, 2024