«Time Tomb - La Condizione del Desiderio» (2009-24) di Arcangelo Sassolino

© Michele Alberto Sereni, cortesia di Magonza

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«Time Tomb - La Condizione del Desiderio» (2009-24) di Arcangelo Sassolino

© Michele Alberto Sereni, cortesia di Magonza

A Villa Panza le performance inorganiche di Sassolino

Il Fai presenta a Varese una monumentale installazione dell’artista vicentino: «Concepisco la scultura come un lavoro sull’instabilità, sulla dissipazione, sui momenti di rottura e transizione»

Si apre con un progetto di Arcangelo Sassolino il nuovo ciclo di mostre di arte contemporanea presentato dal Fai-Fondo per l’Ambiente Italiano Ets nella Villa e Collezione Panza: dal 25 ottobre al 23 febbraio 2025 la Scuderia Grande ospita infatti, con la cura di Angela Vettese, la monumentale installazione di Sassolino «La condizione del desiderio», in cui s’intessono arte, scienza e natura. L’opera che, riattualizzando un progetto del 2009, è formata da putrelle ed è azionata da un compressore ad aria, si presenta come una sorta di gigantesco metronomo che marca il tempo con l’oscillazione di un braccio cui è appesa una pesante lastra di marmo: marmo bianco, statuario, che rinvia alla tradizione più nobile della scultura e che al tempo stesso, animato com’è da un moto che quella scultura certo non contemplava, si fa misuratore del tempo, in un impossibile desiderio di controllarlo.

«Un desiderio, evidenzia Angela Vettese, che non può mai dirsi soddisfatto e che, nel suo moto pendolare, impone continuamente un dispendio di energie e uno stato di allarme che sono, anch’essi, dati costanti della poetica di Sassolino». Se a tutto si aggiunge il cigolio emesso dal moto e dalla tensione dei suoi componenti, la difformità con la scultura tradizionale si rende anche più evidente, mentre, al tempo stesso, si manifesta anche quella «sofferenza» della materia che rende le sculture di Sassolino delle entità viventi e senzienti: nostre «sorelle» nel dolore di esistere.

È questo che fa di Sassolino (nato nel 1967 a Vicenza, dove vive e lavora), uno dei veri maestri del nostro tempo. Quanto a lui, delle sue opere dice: «Concepisco la scultura come un lavoro sull’instabilità, sulla dissipazione, sui momenti di rottura e transizione. Mi interessa, soprattutto, catturare l’istante in cui qualcosa sta diventando altro da quello che è», con tutto il corteo d’inevitabile ansia di anticipazione (e ora, che accadrà?) che accompagna tali processi. Perché le sue opere sono una metafora della condizione umana, odierna ed eterna, minacciata da guerre, cambiamenti climatici e conseguenti catastrofi, sovrappopolazione, fame. Sassolino sa però parlare di questi temi angosciosi senza mai cadere nell’apocalittico né tanto meno nel patetico. A interpretarli, nel suo lavoro, sono infatti delle «macchine», dei dispositivi con cui, come ha commentato con la consueta efficacia Francesco Stocchi, l’artista genera delle «performance inorganiche». Come sempre accade qui, nota Gabriella Belli, responsabile del programma scientifico di Villa e Collezione Panza (che da direttrice del Mart di Rovereto ricevette in deposito da Giuseppe Panza di Biumo uno straordinario nucleo di opere), anche questo lavoro di Sassolino «dialoga con le opere della collezione permanente, [confrontandosi] con quella che fu la linea culturale di Panza». 

«Time Tomb - La Condizione del Desiderio» (2009-24) di Arcangelo Sassolino (particolare). © Michele Alberto Sereni, cortesia di Magonza

Ada Masoero, 24 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

A Villa Panza le performance inorganiche di Sassolino | Ada Masoero

A Villa Panza le performance inorganiche di Sassolino | Ada Masoero